Economia
Voto multiplo, da Tim a Generali e Banco Bpm: il governo accelera
L'esecutivo ha portato avanti il Ddl Capitali che verrà analizzato dal Senato. Paolo Savona è contrario, Sergio Erede anche: i punti critici
L’utilità del Ddl Capitali
Le aziende di piccole dimensioni temono che una volta quotate in Borsa perderanno il controllo storico per finire nelle mani del “babau” della finanza. E al tempo stesso Paesi con governance più semplici, come avviene appunto in Olanda, permettono di poter diluire la propria partecipazione senza per questo dover rinunciare al controllo. Insomma, si tratta di un tema non più procrastinabile perché le aziende hanno bisogno di nuova finanza, specie ora che il rialzo dei tassi rende complicato chiedere soldi in banca, ma al tempo non si vuole perdere lo scettro del comando.
Ma si tratta, come ha notato Andrea Zoppini, di un ritorno al passato: le azioni non si contano più, si pesano. E dunque basta un piccolo gruzzoletto per governare. D’altronde, se ci sono riusciti gli Agnelli – sempre loro – al tempo del “nocciolino” in Telecom, non si vede per quale motivo non si potrebbe fare qualcosa di analogo in altre aziende. Al momento la normativa vigente è ancorata al “Decreto competitività” voluto da Matteo Renzi per smembrare le banche popolari, quegli istituti fedeli al voto capitario, cioè una “testa”, un voto.