Esteri

Afghanistan, "con i talebani al potere non tornerà il terrorismo"

Di Alberto Maggi

Intervista ad Arduino Paniccia, presidente della ASCE

L'Afghanistan in mano al talebani, di chi è la colpa e che cosa accadrà adesso? Intervista di Affaritaliani.it al professor Arduino Paniccia, presidente della ASCE (Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia)

L'Afghanistan in mano ai talebani, chi è la colpa di quanto è accaduto?
"La caduta di Kabul è stata causata sostanzialmente da una strategia sbagliata dell'ultimo triennio da parte degli Stati Uniti. Non si abbandona il Paese con una sorta di fuga senza aver prima capito come uscire dal pantano afghano. Gli accordi di Doha avrebbero dovuto stabile una serie di paletti anche militari. L'intesa avrebbe dovuto prevedere per i talebani l'impossibilità di avanzare oltre una certa linea altrimenti ci sarebbe stato un fuoco difensivo di sbarramento per fermarli. Una fuga senza aver stabilito dei paletti militari ben precisi è stato un grandissimo punto di debolezza. Inoltre, non è concepibile affermare che non si pensava che i talebani potessero avanzare così velocemente. Se si fanno queste affermazioni vuol dire o che l'intelligence Usa non vale niente e non ha funzionato o che veramente c'è stato il piano di abbandonare gli afghani al loro destino e questo non è accettabile. Troppe volte sono accaduti avvenimenti simili che hanno anche coinvolto gli alleati americani come gli italiani. Se un accordo è monco è manca di paletti difensivi e della parte fondamentale dell'intelligence poi avviene il disastro. Come è stato".

Pensa che ci possa essere una ripresa del terrorismo internazionale con i talebani al potere in Afghanistan?
"Nella nuova politica dei talebani e dei loro leader non c'è almeno all'inizio l'intento di essere uno stato che aiuta forme di terrorismo. L'Afghanistan diventa un alleato dei nuovi autocrati asiatici, dalla Cina all'Iran, passando per la Russia e il Pakistan, sia dal punto di vista economico - Via della Seta -, sia sul piano del posizionamento strategico. I talebani non hanno alcuna intenzione di diventare un emirato del terrorismo, non mettono a repentaglio un lungo cammino e una vittoria ottenuta grazie agli errori dell'Occidente".

La Nato ha ancora senso?
"Nella Nato c'è una componente, di cui fa parte anche l'Italia, che nell'ultimo triennio ha sempre detto che non si poteva abbandonare l'Afghanistan, ma la risposta degli Stati Uniti è stata sostanzialmente 'ok, allora restare voi a difendere il governo di Kabul'. La componente che comanda davvero è sempre quella americana e persegue i suoi interessi, d'altronde gli Usa contribuiscono al 70% delle spese dell'Alleanza Atlantica e sono l'azionista di stra-maggioranza. Se mentre cade l'Afghanistan e anche l'Iraq è in bilico, si pensa soltanto alla Lituania vuol dire che qualcosa non funziona. Occorre decidere con chiarezza qual è il limite operativo della Nato definendo bene il rapporto Usa-Ue, se l'Europa avrà la forza di farlo. Solo così potrà nascere una nuova Nato".

Chi sono oggi i paesi che guidano il mondo?
"La linea degli americani è quella di combattere guerre di contenimento, ma non si può eliminare la parola vittoria. Dalla Corea in poi gli Usa hanno combattute guerre di contenimento, anche coraggiosamente e giustamente, collezionando però sconfitte che hanno dato alla Cina la possibilità di varare la loro strategia del 'soft power' diventando il paese di riferimento per molte nazioni dell'ex Terzo Mondo e il leader dell'Asia. D'altronde nel dicembre scorso è stato siglato il più grande accordo di libero scambio asiatico guidato proprio dalla Cina e nel quale, non è un caso, è rimasta fuori l'unica grande democrazia dell'area ovvero l'India. Mentre l'Occidente combatteva battaglie per i diritti umani e per difendere le popolazioni, la Cina ha espanso la propria politica e la propria influenza grazie al 'soft power' diventando il riferimento per almeno 60 paesi tra Asia, Africa e Sud America. Pechino presta denari senza guardare quale sia la politica interna di quel paese o chi siano i personaggi al potere e si presenta oggi come il grande mediatore anche in Afghanistan".