Esteri

Afghanistan, la falsa idea di aver conquistato la libertà

Di Gianni Pardo

L’empatia – bella parola greca – si traduce in italiano con: “Capacità di mettersi nei panni degli altri”. Sembra una cosa banale e non è. I primitivi riescono a torturare un uomo senza nemmeno chiedersi come si sentirebbero loro al suo posto. Perfino fra quelli che ci consideriamo civili c’è parecchio d’imparare. Quanti uomini si sono mai chiesti come vivrebbero, se fossero donne? Speso la misoginia nasce soltanto da questo. E come vivrebbero, se la natura o le circostanze avessero fatto di loro degli omosessuali? Io non ho mai concepito nemmeno la brutalità verso gli animali. Quando vedo la delicatezza delle membra di un gatto mi intenerisco e capisco Dalì che, per fare un complimento a Brigitte Bardot giovane, la paragonò ad una zampa di coniglio. 

Tutto ciò posto, come non sentire empatia per tutte quelle donne afghane e tutti quegli uomini afghani che dei rapporti umani e della libertà hanno un’idea non lontana da quella che ho io, e tuttavia si avviano a vivere in inferno di intolleranza, di crudeltà e di stupidità?

Questo per quanto riguarda i sentimenti. Ma se andiamo alla razionalità, le cose cambiano completamente. Se l’Afghanistan è divenuto nel giro di una settimana, da quello Stato democratico ed occidentale d’importazione che era, un covo di estremisti islamici con l’orologio fermo alla Fuga dalla Medina, questo significa che gli afghani progrediti si erano sbagliati, nel credere di avere conquistato la libertà. La libertà non l’avevano conquistata: gli era stata regalata ed essi non hanno saputo amministrarla. Gli stessi soldati dell’esercito afghano armato e addestrato dagli americani (si parla di 300.000 persone) che hanno deposto le armi senza combattere, o erano Taliban essi stessi, o pensavano che non ci si potesse difendere.

Se erano Taliban, come compiangerli? E se non erano Taliban, sono dei vili. Se infine non si sono difesi perché per loro – forse con ragione – il loro Paese è inevitabilmente questo tipo di nazione, anche per questo verso non si possono compiangere. Come si dice, ogni popolo ha il governo che merita.

C’è una lezione da trarre, da tutto questo. Perché i figli dei miliardari, morto il padre, a poco a poco cessano di essere ricchi? Perché il padre sapeva come farlo, il denaro, e loro sanno soltanto spenderlo. Nello stesso modo, per quello che credo io, Israele è figlia del Ghetto di Varsavia. Se il rischio è quello di morire gasati come topi, meglio morire con le armi in pugno, magari combattendo uno contro dieci. O cento. E infatti in Israele non sono soldati tutti gli uomini, sono soldate tutte le donne. In caso di bisogno, salvo i bambini e i vecchi, tutto il popolo diviene un esercito disposto a combattere fino alla morte. Perché nel Dna di ognuno di loro, tramandato dai nonni, ci sono la Shoah e il Ghetto di Varsavia. 

Forse, se le donne afghane avessero fatto il servizio militare, oggi potrebbero organizzare quasi un esercito per resistere ai Taliban. Ma qualcuno gli ha mai insegnato che di inerzia si può anche morire? Qualcuno gli ha mai insegnato a sparare? Purtroppo, se non sono in grado di difendersi dagli uomini, per loro non c’è speranza. I maomettani integralisti, vietando alle donne di andare a scuola, forse la sanno più lunga di quanto credevamo.

L’unico rimpianto, e forse anche l’unica giustificazione, per questa povera gente, è che in una città come Kàbul, per chi è nato meno di trent’anni fa, l’unica vita concepibile – perché l’unica vista all’opera dall’età della ragione - è stata quella secondo il modello occidentale. Ma forse essi avrebbero dovuto capire, vedendo che i milioni di cittadini che vivono nelle campagne hanno l’orologio indietro di molti secoli, che in caso di autonomia sarebbero stati sommersi dalla marea della campagna. Come è avvenuto. 

È triste ma è così: se viviamo male, e riusciamo ad uscirne, valutiamo il benessere che ci siamo conquistato e siamo pronti a lottare per difenderlo. Se invece – come avviene ai fortunati – tutto sembra naturale e scontato, si è disarmati verso le avversità e la si paga cara. La guerra fa apprezzare la pace, mentre la pace fa considerare la guerra una buona soluzione. Il male prepara il bene, il bene prepara il male e la Terra continua a girare.. 

Comunque, per l’Afghanistan, consummatum est. È finita e non ci si può far niente. Dobbiamo soltanto ringraziare il cielo se, senza nessun merito nostro personale, viviamo in un Paese libero e civile. La stessa parentesi fascista da un lato è durata soltanto quanto è durata l’invasione dell’Afghanistan, dall’altro, in confronto all’oppressione dei Taliban, anche il fascismo è stato un regime di libertà.

In un certo senso, anche la rivolta dei no-vax è benedetta. Costoro si battono per la ragione sbagliata ma mostrano che c’è un cane da guardia sveglio, quando si crede che la nostra libertà pericolo. Chi rifiuta il diverso livello delle varie civiltà o mente o è un imbecille.

giannipardo1@gmail.com