Esteri

Afghanistan, la superbomba Moab di Trump uccide 36 miliziani dell'Isis

Trump sgancia la superbomba Moab in Afghanistan, il Ministero della Difesa di Kabul: "Nessuna vittima fra i civili"

Moab, la superbomba Usa "madre di tutte le bombe" uccide 36 miliziani dell'Isis

 

Superbomba: morti 36 miliziani dell'Isis. E' stato il ministero della Difesa afghano a tirare il bilancio degli effetti della 'madre di tutte le bombe' lanciata ieri da un aereo Usa sulla provincia di Nangarhar dagli Stati Uniti. In un breve comunicato, il ministero aggiunge che la superbomba, del peso di 9,800 chili, "e' stata lanciata in una rete di tunnel" nel distretto di Achin della provincia di Nangarhar, ed "ha completamente distrutto" l'obiettivo, "senza causare vittime civili". La superbomba di Donald Trump è potentissima, capace di sprigionare fino a 11 tonnellate di esplosivo e di distruggere tutto nel raggio di centinaia di metri, costruita dagli Usa ai tempi della guerra in Iraq nel 2003 ma finora mai utilizzata in combattimento.

 

La  superbomba Moab, madre di tutte le bombe: la più potente bomba non nucleare

 

"Un'altra missione di successo", ha esultato in serata Trump, che continua a lanciare messaggi al mondo intero, in particolare verso Mosca, Damasco, Pechino e Pyongyang. La 'madre di tutte le bombe' - cosi' e' definita in gergo, dall'acronimo MOAB (in realta' Massive Ordinance Air Blast), ufficialmente GBU-43B - e' stata pensata come un potentissimo deterrente non nucleare ed e' stata messa a punto dall'Air Force a partire dal 2002 per essere poi inserita nel catalogo delle armi possibili contro Saddam Hussein in Iraq. E' stata sganciata per la prima volta oggi, alle 17.32 ora di Kabul, da un MC130 dell'aviazione americana, su una rete di tunnel nel distretto di Achin, nella provincia di Nengarhar dell'Afghanistan orientale, a ridosso della frontiera con il Pakistan. Una zona in cui, secondo le autorita' americane, l'Isis utilizza bunker e tunnel invulnerabili per gli ordigni ordinari. Per questo, stando al generale John W. Nicholson, che comanda le forze americane in Afghanistan, la superbomba era lo strumento piu' adatto "per eliminare gli ostacoli e mantenere il vantaggio nella nostra offensiva contro l'Isis".

 

Trump sgancia la superbomba in Afghanistan. Trump: "Questa è stata un'altra missione di gran successo"

 

La Casa Bianca ha confermato l'attacco durante il briefing quotidiano con i giornalisti e il portavoce Sean Spicer ne ha comunicato i dettagli tecnici e soprattutto l'obiettivo da colpire: l'Isis. Spicer ha sottolineato che nell'azione "sono state prese tutte le precauzioni per evitare vittime civili e danni collaterali", rimandando poi al Pentagono per ulteriori dettagli. Ma e' stato poi il presidente in persona che, incalzato dai giornalisti, non si e' tirato indietro: "Abbiamo i migliori militari del mondo e hanno fatto il loro lavoro. Per questo hanno avuto un tale successo ultimamente. Si guardi a quanto accaduto nelle ultime otto settimane e lo si paragoni agli ultimi otto anni: vedrete la grande differenza. Questa e' stata un'altra missione di grande successo", ha detto Trump manifestando piena fiducia nei suoi generali.

Un altro cambio di rotta rispetto alla campagna elettorale, quando quotidianamente sconfessava gli uomini con le stellette che non erano riusciti - era l'accusa - ad evitare il disastro. Adesso pero' Trump e' al timone ed e' sua la responsabilita' di lanciare messaggi al mondo da commander in chief. Non lo dice a chiare lettere, ma che non si tratti piu' solo di tattica e' chiaro, la strategia va delineandosi: "Non so se cio' rappresenta un messaggio alla Corea del Nord - ha risposto ai giornalisti - ma non fa molta differenza. La Corea del Nord e' un problema che sara' risolto".

La 'superbomba' era stata pensata "per mettere una pressione tale da indurre Saddam Hussein a cooperare", spiegava nel 2003 l'allora segretario alla Difesa Donald Rumsfeld in un'ottica di deterrenza. Era un'altra guerra, un'altra epoca. Oggi 'la madre di tutte le bombe' e' tornata utile a Donald Trump per mandare un messaggio inequivocabile ai nuovi avversari dell'America.