Esteri
Afghanistan tramonto della leadership Usa. I talebani cercano appoggio in Cina
La fuga da Kabul e la proclamazione dell'emirato islamico segnano non solo il fallimento di una missione lunga 20 anni, ma anche della supremazia americana
Gli elicotteri si affollano sopra il cielo di Kabul. A bordo diplomatici e personale delle ambasciate, fatti scappare di fretta dalla capitale dell'Afghanistan, paese che è appena diventato un emirato islamico. E' l'immagine plastica di un fallimento lungo venti anni. Tanto è durata la missione degli Stati Uniti e della Nato nel paese asiatico, iniziata con due obiettivi: dare la caccia ad al-Qaeda ed esportare la democrazia. Quasi due decenni dopo l'11 settembre, l'Afghanistan finisce nelle mani dei talebani e di democrazia non v'è nemmeno l'ombra. Con l'implicito placet degli stessi esportatori, coloro i quali "la fine della storia" aveva frettolosamente incoronato re. Ma ora il re è nudo e Kabul simboleggia la caduta dell'immagine globale di un modello che stava già pericolosamente traballando da tempo.
Afghanistan, Kabul è caduta: nasce l'emirato islamico dei talebani
Sì, perché nel giorno di Ferragosto la capitale dell'Afghanistan è finita in mano ai talebani e l'intero Afghanistan è diventato un emirato islamico. Il palazzo presidenziale è stato abbandonato senza una parola dal presidente Ashraf Ghani, che in un post su Facebook scritto da Tashkent (la capitale dell'Uzbekistan, dove è rifugiato) ha poi spiegato di essersene andato "per evitare un massacro". Le forze militari addestrate dalla Nato e che, almeno secondo Joe Biden, avevano le capacità di resistere all'avanzata talebana si sono squagliate in poche settimane. E' bastato un mese, agli studenti coranici, per conquistare pressoché indisturbati il controllo del paese. Ora, sul palazzo presidenziale sventola la bandiera talebana.
Afghanistan, fuga dalle ambasciate occidentali. Cittadini locali traditi
Chi può, se ne va. In particolare il personale delle ambasciate, compresa quella italiana. Gli stessi Stati Uniti hanno completato l'evacuazione della loro rappresentanza diplomatica. I diplomatici e funzionari stranieri si trovano ora presso l'Aeroporto internazionale Hamid Karzai, il cui perimetro è protetto dalle forze armate statunitensi. Molto più difficile andarsene per i cittadini afgani, intrappolati dopo venti anni di promesse non mantenute. Un appello sottoscritto da oltre 60 paesi tra i quali Usa, Australia, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Corea, Qatar e Regno Unito chiede di aiutare anche la popolazione locale a lasciare il paese in sicurezza. Ma già sono diversi i governi che hanno chiarito di non voler accogliere nessuno sul proprio territorio.
Gli Usa difendono la scelta di lasciare l'Afghanistan
Nel frattempo, il segretario di Stato Usa Antony Blinken difende la scelta di lasciare il paese, un processo avviato da Donald Trump e portato a termine da Biden. "Eravamo in Afghanistan per un obiettivo preciso: eliminare i responsabili dell'11 settembre. E' per questo motivo che siamo andati in quel Paese 20 anni fa. E oltre 20 anni fa abbiamo assicurato (Osama) bin Laden alla giustizia. Abbiamo ridotto enormemente la minaccia posta da al Qaeda in Afghanistan, al punto che (tale organizzazione) non è in grado di condurre un altro attacco di quel tipo dall'Afghanistan", ha dichiarato Blinken alla Cnn. "L'idea che lo status quo potesse essere mantenuto tenendo lì le nostre forze è a mio parere semplicemente sbagliato", ha aggiunto, peraltro senza chiudere alla possibilità di riconoscere in futuro il governo dei talebani: "Un futuro governo afgano che rispetti i diritti fondamentali della sua gente, e che non dia asilo ai terroristi è un governo con cui potremo lavorare e che potremo riconoscere".
I talebani alla ricerca di riconoscimento internazionale
I talebani, contrariamente a quanto accaduto nella passata travagliata storia dell'Afghanistan, intendono ricercare il riconoscimento internazionale. Per questo continuano ad assicurare una transizione pacifica di potere, promettendo che non opereranno vendette ai danni dei sostenitori del precedente governo e di chi ha collaborato con le forze straniere. Difficile credere che il governo del nascente emirato islamico possa davvero essere "inclusivo" come promesso, ma intanto le forze talebane guardano verso est per cercare quel riconoscimento. E negli scorsi anni, d'altronde, esponenti talebani si sono già seduti al tavolo con la Cina. Anche nelle ultime settimane il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, ha incontrato una delegazione talebana.
Gli interessi della Cina e i legami Pechino-talebani
Come risaputo, la Cina dialoga con tutti coloro che possano garantire stabilità interna ai paesi o ai territori nei quali ha interessi. L'Afghanistan è un'area di grande importanza per Pechino, in particolare per il confine con la regione del Xinjiang. Con il ritiro degli Usa la Cina ha la possibilità di ampliare la sua sfera d'influenza, seppur in un'area che può nascondere diverse insidie, senza nemmeno dover indossare gli scarponi militari.