Esteri
Africa: Macron espulso dal Sahel dopo aver arruolato l'Italia. Avanti Putin-Xi
Macron abbandona il Mali dopo aver coinvolto i militari italiani. Nel continente cresce il sentimento antifrancese mentre si fanno spazio nuovi attori
Africa, così si fanno spazio Russia e Cina
Il primo esempio delle nuove o vecchie potenze che si espandono in Africa porta alla Russia. Tradizionalmente, il legame tra Russia e Africa è stato più che altro di natura militare. Ancor prima della sua dissoluzione, l'Unione Sovietica ha partecipato all'addestramento di circa 250 mila soldati africani provenienti da diversi paesi, in particolare Zimbabwe, Guinea e Madagascar. A livello commerciale, invece, Mosca parte da una posizione di netto svantaggio rispetto agli altri attori presenti nel continente. Ma mentre l'interscambio commerciale di alcuni di questi sta diminuendo, quello russo è in deciso aumento. Basti vedere a quanto successo nel decennio 2006-2016, durante il quale secondo il report del Brookings Institution, l'export degli Stati Uniti è diminuito del 66%, così come quello del Brasile, mentre quello di Mosca è aumentato dl 168%, pur mantenendosi su livelli totali ancora molto minori.
La presenza russa si spinge anche nel cuore dell'Africa. In particolare nella Repubblica Centrafricana, paese già dilaniato da una lunga serie di conflitti interni. E' qui che la presenza russa in Africa si fa più evidente. Dopo un incontro tra il presidente di Bangui, Touadéra e il potente ministro degli Esteri Sergej Lavrov, Mosca ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell'Onu una deroga sull'embargo delle armi per la Repubblica Centrafricana, in vigore dal 2013. Dopo la concessione della deroga, la Russia ha cominciato non solo a esportare armi nel paese ma anche a mandare nel paese proprie forze speciali, che hanno rafforzato la guardia presidenziale, e istruttori militari. In cambio, il governo di Bangui ha garantito l'accesso ad alcuni dei suoi giacimenti minerari a delle società russe, alcune ancora una volta riconducibili a Prigozhin. A proposito di risorse naturali, la Russia partecipa a progetti di estrazione anche in altri paesi africani come per esempio Sudafrica, Guinea e Zimbabwe. Ma nella Repubblica Centrafricana Mosca sta provando a esercitare anche il proprio soft power attraverso, tra le altre cose, l'apertura di un istituto di cultura e persino l'organizzazione di concorsi di bellezza.
L'influenza della Cina in Africa
C'è poi, ovviamente, anche la Cina. Non è un caso che il ministro degli Esteri cinese abbia iniziato il suo 2022 in tour in trepaesi africani (Eritrea, Kenya e Comore) come antica tradizione della diplomazia cinese, che dura da quasi 60 anni. Durante il tour sono stati firmati diversi accordi bilaterali. D'altronde nei primi 9 mesi del 2021 l'interscambio Cina-Africa ha raggiunto 185,2 miliardi di dollari, con un aumento del 38,2% su base annua, stabilendo un nuovo record.
Tutto si unisce ai recenti dati della presenza cinese in Africa pubblicati dal China-Africa Business Council. Ebbene, nonostante il Covid-19 gli investimenti di Pechino nel continente sono cresciuti, raggiungendo i 3 miliardi di dollari nel solo 2020. I due settori con le cifre maggiori sono le infrastrutture e l'estrazione mineraria. I tanti accordi nel settore della telecomunicazione aiutano anche Pechino a estendere la sua sfera di influenza sul continente. Intanto è entrata in funzione una mega miniera in Congo che produrrà fino a 800 mila tonnellate di rame all'anno per il mercato cinese, con la prima spedizione partita nelle scorse settimane.
Malgrado il ritiro dal Mali, Francia e partner europei si impegnano comunque a continuare a combattere il terrorismo rilocalizzandosi su altri paesi dell'area, in particolare il Niger. E provano ad allargare anche il portafoglio. Nel vertice Ue-Africa di questi giorni, Bruxelles ha promesso nuovi ingenti finanziamenti al continente africano. Si lavora a una serie di progetti ambiziosi, che Politico individua in piani per migliorare la connettività digitale, costruire nuovi collegamenti di trasporto e accelerare il passaggio a fonti di energia a basso contenuto di carbonio. Il tutto all'interno della più ampia strategia Global Gateway, percepita come una risposta (tutta da verificare ancora) alla Belt and Road di Pechino.
Per ora, comunque, Europa e Francia fanno un passo indietro dall'Africa. Che siano poi in grado di farne due avanti resta da vedere.