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Cade Assad, solo Erdogan può esultare. Putin sconfitto, l'Occidente alla finestra

La fine dell'era Assad in Siria costituisce uno degli eventi più importanti degli ultimi anni in Medio Oriente. Ecco chi può esultare e chi invece perde un alleato

di Mauro Indelicato

Cade Assad, solo Erdogan può esultare. Putin sconfitto, l'Occidente alla finestra

In un Medio Oriente dove ogni tassello è fondamentale per gli equilibri interni, la fine dell'era Assad in Siria rappresenta uno degli eventi più importanti degli ultimi anni. Ne è convinto anche l'analista geopolitico  Alessandro Scipione che non esita a usare il termine “epocale” per descrivere quanto accaduto: “La fine del regime di Assad in Siria – ha dichiarato ad Affaritaliani.it – rappresenta un cambiamento epocale negli equilibri strategici del Medio Oriente e avrà profonde ripercussioni geopolitiche”.

Chi ha vinto: ecco perché Erdogan può esultare

La Siria si ritrova impelagata nel contesto della guerra civile dal 2011, anno delle prime sollevazioni contro Bashar Al Assad, al potere dal 2000 e successore del padre Hafez, a capo del Paese dal 1971. Lo scontro ha dilaniato per intero il territorio siriano, con l'emersione anche di fazioni integraliste, jihadiste e islamiste.

Essendo la Siria un Paese centrale nello scacchiere mediorientale, ben presto il conflitto non ha riguardato soltanto attori interni. Al contrario, diverse potenze hanno visto nella guerra la possibilità di espandere la propria influenza. La Turchia ad esempio, non ha mai digerito la presenza del governo di Assad a Damasco e questo per diversi motivi: Assad, da membro della minoranza sciita – alawita, ha attuato una politica di vicinanza con l'Iran e inoltre ha sempre rappresentato un ostacolo alle mire del presidente turco Erdogan nella regione.

Negli ultimi anni tuttavia, Ankara e Damasco con la mediazione di Mosca erano in procinto di riavvicinarsi. Ma dalla caduta di Assad il primo a poter esultare è proprio il presidente turco: “Tra i vincitori c’è sicuramente la Turchia – ha spiegato Scipione – Ankara ha dimostrato la sua capacità di influenzare in modo decisivo gli sviluppi sul campo, sfruttando la debolezza del regime di Damasco e degli alleati come Iran e Russia”.

“Con un governo amico a Damasco – ha proseguito il giornalista – la Turchia non solo consolida la propria posizione nel nord della Siria, ma spezza il fronte ostile che la circondava, aprendo nuove possibilità nel Caucaso e rafforzando la propria sfera di influenza”. Non è un caso se sabato, quando la caduta di Assad risultava già una questione solo di tempo, Erdogan ha come suonato il de profundis per l'oramai ex presidente siriano: “Avevo avvertito Assad di dialogare con l'opposizione – ha detto – ma non l'ha fatto”.

Chi ha perso: Teheran e Mosca costrette a ridimensionare le aspettative nella regione

Per un attore che può considerarsi vittorioso, ce n'è un altro che invece esce sconfitto. Il riferimento è all'Iran, Paese che aveva nella Siria di Assad un'alleata imprescindibile per esercitare la propria influenza sul Libano e per trasferire le proprie armi e i propri soldi nelle mani di Hezbollah: “Senza la Siria – rimarca Scipione – l’Iran faticherà a mantenere la propria influenza in Libano e tra le comunità sciite della regione”. Non solo, ma Teheran potrà dire quasi definitivamente addio al sogno della cosiddetta “mezzaluna sciita”: “Questo evento – ha infatti aggiunto Scipione – ridimensiona significativamente la "Mezzaluna sciita", indebolisce le sue capacità di sostegno a gruppi come Hezbollah e Hamas e lo isola ulteriormente nel contesto regionale”.

Tra gli sconfitti poi, va citata ovviamente la Russia. Mosca dal 2015 era impegnata nel diretto sostegno ad Assad e questo per via soprattutto del mantenimento della strategica base di Tartus, l'unica della Russia nel cuore del Mediterraneo: “Ora questa base è a rischio, minacciando la capacità di Mosca di proiettare potere nell'area – sostiene Scipione – La Russia si trova così a dover rivedere le sue strategie, con la prospettiva di dover ridurre la presenza militare in regioni chiave come il Sahel e la Libia”.

L'indebolimento della Russia in Medio Oriente non passa inosservato a Kiev. E questo costituisce forse l'unico collegamento tra la guerra in Siria e quella in Ucraina, con Mosca che si presenta indebolita a livello politico ma, contestualmente, con la possibilità di poter schierare nel Donbass le risorse portate via dalla Siria.


Le incognite per l'Occidente

Stati Uniti ed Europa, dal canto loro, possono vedere nella caduta di Assad un'opportunità: “Con una Russia indebolita e un Iran marginalizzato – spiega Scipione – l’Europa e gli Stati Uniti possono rafforzare la loro influenza in un Medio Oriente meno polarizzato”. Ma, in chiave futura, non mancano le incognite: “Il vuoto di potere in Siria – è la valutazione del giornalista – potrebbe alimentare conflitti interni tra gruppi ribelli o aprire la strada a nuovi attori estremisti. Inoltre, una Turchia rafforzata dovrà bilanciare le sue ambizioni con gli interessi occidentali per evitare tensioni nella Nato”.