Esteri
Coronavirus game changer geopolitico.Cina alla guida del post COVID-19?
Via della Seta sanitaria e tecnologia 5G: la pandemia può cambiare gli equilibri della sfida globale tra Usa e Cina
Ora che Italia ed Europa sono il nuovo epicentro della diffusione della pandemia da COVID-19, è difficile pensare al futuro, a quello che verrà dopo che l'emergenza sarà finita. Eppure un dopo ci sarà, probabilmente diverso dal presente. Un dopo di maggiore consapevolezza dei rischi di un'epidemia globale e della necessarietà di alcune piccole precauzioni quotidiane (come, per esempio, mascherine o gel, da tempo strumenti di massa nelle società orientali). Un dopo di maggiore controllo e di minore privacy, attraverso l'utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici. E anche gli equilibri geopolitici potrebbero cambiare, forse non nel modo che in molti prevedevano all'inizio della crisi, quando l'emergenza veniva ancora chiamata "virus cinese".
Fino a qualche settimana fa si pensava che Wuhan potesse essere l'inseparabile etichetta con la quale definire l'epidemia e che la Cina potesse essere colpita e affondata dai suoi ritardi e omissioni, in un mondo che avrebbe ripensato la sua interdipendenza con il gigante asiatico per rivolgersi invece altrove. Tutto può ancora accadere. Come abbiamo visto a nostre spese, il virus è più rapido di qualsiasi muro o blocco e non ha passaporto o nazionalità. Ma quello che sta succedendo in questo momento è che la Cina, entrata per prima nel tunnel, ne sta uscendo per prima. Per contare i nuovi casi giornalieri, anche all'interno della provincia dello Hubei, bastano ormai le dita di una o due mani. E molti sono contagi "di rientro".
Da colpo mortale per le sue ambizioni, il COVID-19 può diventare un'occasione per Pechino per rilanciarle con ancora maggiore forza, quelle ambizioni. Se fino a qualche settimana fa la Cina era vista come la nave che affonda da abbandonare al più presto (e i cinesi erano considerati gli untori da chiudere fuori dalle nostre porte), ora sembra diventata la possibile àncora di salvezza, grazie a una narrazione che include anche, quantomeno a livello interno, un tentativo di allontanare il più possibile il virus dalla sua origine geografica, avenzando azzardate ipotesi che questo possa essere nato altrove. Improvvisamente, sembra allora cambiare lo scenario, anche geopolitico, del post coronavirus.
Primo passo: il lancio della "Via della Seta sanitaria". L'Italia è stato il primo capitolo, con la spedizione di materiale (in parte venduto, in parte donato) utile a fronteggiare l'emergenza: mascherine, tute protettive, ventilatori polmonari e un team di medici. Al di là delle considerazioni sulla strategia cinese, il governo di Pechino ha saputo muoversi nel momento giusto insieme alle sue aziende private e alle sue associazioni per un'azione che può avere un'enorme ricaduta positiva sulla sua immagine. In questa occasione, grazie anche alla sponda della Farnesina, la Cina ha saputo ovviare a uno dei problemi che l'ha fin qui caratterizzata nella competizione globale con gli Stati Uniti: l'assenza o la scarsità di soft power.
L'aereo con aiuti umanitari della China Eastern atterratto a Roma venerdì, un mese e mezzo dopo il blocco dei collegamenti aerei diretti con la Cina deciso dal governo Conte bis, è un grande punto a favore per Pechino, anche a livello simbolico, in un momento dove anche le comunità e le aziende cinesi (come la Suning proprietaria dell'Inter) presenti in Italia stanno aiutando con numerose donazioni le strutture sanitarie italiane. E non è finita qui, visto che domenica pomeriggio Luigi Di Maio ha annunciato l'acquisto di cinque milioni di mascherine sempre dalla Cina, che invierà due nuove équipe mediche che saranno impegnate anche nell'epicentro dell'epidemia italiana, la Lombardia.
Il Soft power cinese non potrà che uscire rafforzato da iniziative come questa, che potrebbero presto ripetersi anche in altri paesi europei (oltre che in Asia e Medio Oriente, con iniziative simili già effettuate in Pakistan e Iran). D'altronde la Cina è il primo produttore al mondo di mascherine, con il suo centro (nemmeno a farlo apposta) proprio a Wuhan. Questa "Via della Seta sanitaria", allora, oltre a una manifestazione di genuina solidarietà, risponde a necessità strategiche ed economiche di Pechino, che mira a rilanciare l'export del centro produttivo dello Hubei.
Un messaggio forte, in un momento in cui invece il tradizionale partner dell'Italia e dei paesi europei, Washington, "taglia i ponti". Dopo le sottovalutazioni delle scorse settimane, anche gli Stati Uniti hanno dichiarato lo stato di emergenza. Donald Trump, che si è detto pronto a usare i "pieni poteri", ha chiuso i voli con l'Europa. Una decisione che segue le tantissime restrizioni interne alla stessa Unione europea. Ma sta di fatto che si tratta di un ulteriore episodio di quanto stava già accadendo negli ultimi mesi (o anni). La prima potenza globale (Usa) che si ritrae o usa la sua potenza coercitiva (in primis sul dossier 5G) per evitare la convergenza tra terreno di conquista (Europa) e la seconda potenza globale (Cina).
Possibile prevedere che, dopo gli aiuti sanitari, il secondo passo potrebbe essere quello che riguarda la tecnologia. Negli scorsi giorni Huawei Italia ha proposto, oltre alla donazione di una serie di apparati di protezione, la possibilità di collegare in cloud gli ospedali italiani tra loro, comunicando con le unità di crisi. Il colosso di Shenzhen, finito da tempo nel mirino di Washington, è al momento leader globale nello sviluppo del 5G. Anche prima dell'emergenza coronavirus, l'Europa ha in larga parte resistito alle pressioni americane sull'introduzione di divieti o ban per Huawei. Una resistenza che potrebbe diventare ancora più semplice nei prossimi mesi.
E' un dato di fatto che la Cina è davanti agli Stati Uniti nello sviluppo del 5G. Nel mondo post coronavirus (o nel mondo che dovrà in qualche modo conviverci) la tecnologia assumerà un ruolo sempre più importante. Non solo il cosiddetto "modello cinese", ma anche quelli di Corea del Sud e di Taiwan (che si stanno dimostrando funzionali sia nella reazione sia nella prevenzione) si poggiano molto sulla tecnologia. Anche a scapito della privacy personale, soprattutto nel caso di Seul. L'Europa e l'Occidente potrebbero doversi adattare per farsi trovare pronti a eventuali prossime minacce. E sarà molto complicato non rivolgersi proprio a Pechino.
C'è chi ritiene che il mondo post coronavirus sarà basato sulla cooperazione globale. C'è chi invece pensa che si andrà verso una "slowbalisation", un rallentamento della globalizzazione e la creazione di diversi sistemi con al centro potenze economiche "regionali". La Cina, tra Belt and Road e autarchia tecnologica (prevista dal programma Made in China 2025), vuole farsi trovare pronta a entrambi gli scenari. Non sarà semplice, diversi paesi asiatici sembrano non fidarsi di Pechino e il coronavirus potrebbe aumentare la diffidenza. E' quanto è già accaduto in Giappone (dove l'attesissima visita di Stato di Xi Jinping prevista per aprile è stata rinviata a "tempi migliori") e soprattutto in Corea del Sud. Ma in Europa arrivano segnali opposti e può sembrare che il COVID-19 possa essere ricordato in futuro come un punto (forse decisivo) a favore di Pechino. Fino al prossimo ribaltone. Nel frattempo Apple, uno dei simboli dell'utopia (o distopia) da decoupling, ha riaperto tutti i suoi punti vendita in Cina.