Esteri
Covid-19, ora è scontro Usa-Cina. Da Pechino: "Virus diffuso da Washington"
Un portavoce del ministero degli Esteri cinese ripropone la teoria complottista in risposta alle critiche di Washington sulla gestione iniziale della crisi
La tregua è finita, così come gli indugi. Stati Uniti e Cina iniziano a darsele di santa ragione anche sul coronavirus. Dopo che Washington ha attaccato in maniera diretta la gestione dell'emergenza da parte della Cina, sostanzialmente ascrivendo alla sua "lentezza" e "opacità" la maggiore diffusione del contagio a livello globale. E da Pechino non tarda ad arrivare la risposta, con un portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, che ha fatto sua la teoria complottista che circola già da diverse settimane sull'origine del virus, ipotizzando che siano state le forze armate statunitensi ad aver portato il nuovo ceppo di coronavirus a Wuhan, iniziale epicentro dell'epidemia.
In due durissimi tweet in lingua inglese, Zhao ha accusato gli Stati Uniti di scarsa trasparenza, riferendosi al numero di cittadini statunitensi deceduti per complicazioni influenzali e che invece potrebbero essere risultati positivi al coronavirus in test postumi. In mezzo alle accuse di scarsa trasparenza, Zhao inserisce anche la teoria del virus arrivato dagli Usa. "A quando risale il paziente zero negli Stati Uniti? Quante persone sono infette, e in quali strutture ospedaliere? Potrebbero essere state le forze armate Usa a portare l'epidemia a Wuhan. Siate trasparenti, pubblicate i vostri dati! Ci dovete una spiegazione", ha scritto il portavoce cinese. Risposta simmetrica alle accuse mosse dal consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Robert O'Brien, che aveva dichiarato che i tirardi e la scarsa trasparenza della Cina avevano portato a un ritardo di due mesi nella risposta globale alla minaccia, dichiarata "pandemia" dall'Oms negli scorsi giorni.
Non si tratta dunque di un'accusa ufficiale, ma di una teoria che circola da tempo (social media cinesi compresi) e che è funzionale anche a costruire una narrativa diversa e opposta a quella invece utilizzata da Washington secondo cui i ritardi cinesi hanno causato il mancato contenimento della pandemia. Senza contare che anche dagli Usa erano emerse teorie cospirazioniste secondo cui la diffusione del virus sarebbe un esperimento finito male di un laboratorio cinese. Teorie poi smentite da diverse ricerche che proverebbero che l'origine del nuovo coronavirus è naturale.
La contesa riguarda anche i media. La Cina ha annunciato il ritiro dell'accredito di tre corrispondenti del Wall Street Journal, dopo un titolo ritenuto razzista del noto giornale statunitense, mentre gli Usa hanno chiesto ai media di Stato cinesi di tagliare il proprio staff sul suolo americano del 40 per cento. Altro elemento che fa capire quanto l'informazione sia centrale ai tempi del coronavirus.
Sono invece rimasti esclusi, almeno per ora, i pesi massimi. Donald Trump e Xi Jinping hanno evitato accuse o attacchi. I due presidenti sono al momento rimasti a un colloquio telefonico di inizio febbraio, durante il quale Trump ha espresso "fiducia nella forza e nella resilienza della Cina nell'affrontare la sfida del nuovo coronavirus", concordando di proseguire con "un'ampia comunicazione e cooperazione tra le due parti".
La Cina, che sembra aver quasi vinto la sua battaglia interna, torna a concentrarsi sui messaggi da dare anche all'esterno. Ecco allora gli aiuti per l'Italia utili a cambiare ruolo, da epicentro dell'epidemia e salvatore globale, grazie anche alla leadership mondiale nella produzione di mascherine e altro materiale sanitario utile al contenimento. Ed ecco le ipotesi sul fatto che il virus non sia "cinese". Pechino pagherà un forte costo economico e sociale, ma le conseguenze politiche potrebbero in realtà essere più rilevanti negli States, dove a novembre si vota per le elezioni presidenziali. Trump lo sa, e anche lui ha fretta di scaricare le responsabilità dell'epidemia (prima sottovalutata, ora si teme dilagante) negli States.
Gong, si riprende a combattere. Obiettivo allontanare il più possibile da sé la relazione diretta con il coronavirus. In palio potrebbe esserci la leadership globale del mondo che nascerà alla fine dell'emergenza.