Esteri

Taiwan 2020, vittoria record per Tsai. Cina: "Prepararsi alla riunificazione"

Lorenzo Lamperti

Trionfo per la presidente Tsai Ing-wen: una scelta identitaria per Taiwan che dimentica la Repubblica di Cina. Sconfitto il candidato preferito di Pechino

TAIPEI - Taiwan ha scelto: Tsai Ing-wen sarà la sua presidente anche per i prossimi quattro anni. E ha scelto con numeri record nella sua ancora giovane storia democratica: ampiamente superato lo storico record di 7,65 milioni di voti raccolti nel 2008 dall'ex presidente Ma Ying-joeu. Allora si trattava di un candidato del Kuomintang, che favorì il miglioramento dei rapporti con la Repubblica Popolare Cinese. Ma questa volta il record arriva per una presidente del Democratic Progressive Party (DPP), una forza che pur sostenendo il mantenimento dello status quo nei rapporti con Pechino (che considera Taipei una provincia ribelle), non ha mai accettato il "consenso del 1992", che stabiliva l'esistenza di una sola Cina.

Ma il punto è che i cittadini di Taiwan si sentono sempre di più taiwanesi e sempre di meno cinesi. Secondo gli ultimi sondaggi oltre l'80 per cento dei cittadini si percepisce come "taiwanese". L'esito del voto ha dimostrato che nonostante le pressioni esterne il sentimento più forte a Taiwan è quello identitario. Un sentimento che cresce con il passare del tempo. 

Il risultato del voto potrebbe aprire nuovi scenari di crisi con la Cina. Pechino sperava di offrire a Taipei il modello "un paese, due sistemi" già in vigore a Hong Kong. Seppure il Kuomintang ha detto di rifiutare quel modello, il dialogo con gli ex nazionalisti di Chiang Kai-shek era ritenuto da Pechino molto più semplice. Più complicato invece che Partito Comunista Cinese e DPP si mettano a un tavolo, nonostante Tsai continui a ripetere di essere disponibile al dialogo. 

Il problema è che il DPP non accetta la pre condizione di Pechino, vale a dire l'accettazione del "consenso del 1992". Non è un caso che il Global Times, la versione inglese del quotidiano del PCC, abbia reagito con questo tweet al risultato del voto taiwanese.

Insomma, una riunificazione senza dialogo. Tornano alla memoria le parole di Xi Jinping del 2 gennaio 2019 quando aveva descritto la riunificazione come "inevitabile" senza escludere l'utilizzo della forza. Nella sua conferenza stampa subito dopo l'ufficialità della vittoria, Tsai (che durante il suo mandato ha approfondito a livelli senza precedenti la collaborazione con gli Stati Uniti anche a livello militare) ha ribadito la sua posizione: "Il mio impegno per la pace sullo Stretto è immutata ma questo impegno spetta a entrambe le parti. Resto disponibile per promuovere la pace e la cooperazione ma ricordo a Pechino che la nostra relazione dovrebbe basarsi su questi 4 principi: parità, democrazia, dialogo e pace". Per poi aggiungere: "Il voto non era una scelta tra pro Cina o pro Usa, ma una scelta democratica tra diversi partiti da parte dei cittadini di Taiwan".

Tsai ha anche concesso l'onore delle armi agli sconfitti, dichiarando che "farà tesoro delle loro critiche nel prossimo mandato". E lo stesso sconfitto Han ha chiamato all'unità dopo una campagna elettorale molto dura e critica nei confronti di Tsai. Il sistema democratico di Taiwan e il sentimento identitario taiwanesi si rafforzano. Ma i prossimi quattro anni sullo Stretto potrebbero essere tutt'altro che semplici.

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