Esteri

La Russia avanza in Ucraina, ma di poco. Ed ora sulla guerra piomba il "Generale Inverno"

di Andrea Soglio

Le armate di Putin conquistano nel Donbass ma faticano in altre aree. E tra poco tutto si bloccherà, causa gelo

Mentre le elezioni per la presidenza futurodegli Stati Uniti si avviano verso una due giorni decisiva e conclusiva, la comunità internazionale si interroga sul conflitto che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina anche all'indomani di notizie che vedono l'esercito di Putin avanzare in maniera decisa nel Donbass. Ne parliamo con Luciano Tirinnanzi, analista geopolitico e/o direttore editoriale Paesi Edizioni. 

Qual è oggi la situazione reale sul campo? 

"Il fronte del Donbass è a portata di mano delle forze di Mosca ma anche se i russi dovessero sfondare in quel settore, le regioni di Kharkiv così come Odessa, Dnipro e la strada verso Kiev rimangono un sogno proibito per il Cremlino, che annaspa anche nel Mar Nero. Cosicché l’iniziativa russa prosegue nonostante le difficoltà e le incertezze sul vero obiettivo finale, che poi è il vero punto dolente dell’intera campagna ucraina, che si avvantaggia solamente della “concorrenza” di altri conflitti concomitanti e degli appetiti di alleati e nuovi potenziali soci di Mosca. Di questo passo, Putin non riuscirà mai a conquistare l’intera Ucraina ma può senz’altro dirsi certa che riuscirà a tenere sotto il proprio tacco circa un quarto del territorio che un tempo era amministrato da Kiev. Il punto è che questo non è abbastanza per il Cremlino né tantomeno è sufficiente per raggiungere un compromesso per far tacere definitivamente le armi.".

L'obiettivo Ucraina quindi resta primario per il Cremlino?

"L’occhio del ciclone di quanto sta accadendo è ovviamente ancora l’Europa, Dove Kyiv rappresenta il proverbiale vaso di coccio tra due vasi di ferro. La Russia infatti avanza con tutte le forze di cui dispone per conquistare l’intero Donbass e sigillare così Un’area di oltre 50.000 km² che Vladimir Putin vuole lasciare come eredità storica del suo impero, dopo aver preso la Crimea senza colpo ferire. Ma Putin non è riuscito a replicare il blitz del 2014, e tuttavia insiste nel progetto egemone di ricreare una Grande Russia, assoggettando Paesi satelliti ed ex sovietici". 

Quanto pesa sui negoziati la situazione sul campo di battaglia?

"Le piccole ma inesorabili conquiste progressive delle forze russe in Ucraina comunque preoccupano Bruxelles quanto Washington perché, come già negli anni passati, l’autunno rappresenta una corsa ad accapparrarsi quanti più territori possibile prima che il “Generale inverno” impedisca grandi movimenti di truppe e offensive di largo respiro. Il posizionamento e gli avamposti che l’una o l’altra parte avranno conquistato e tenuto entro l’inverno saranno la base di partenza per eventuali colloqui su cui da molto tempo si specula ma che tuttavia rimangono in piedi, a loro volta però congelati in attesa di conoscere chi sarà il nuovo inquilino della Casa Bianca, il cui peso specifico in questa crisi internazionale è noto. 

Nonostante Vladimir Putin avesse promesso al popolo russo che avrebbe respinto Entro il 1 ottobre di quest’anno l’avanzata Ucraina nella regione russa del Kursk, mossa che ha sorpreso tutti per audacia e successo, ancora dopo un mese non riesce ad avere la meglio di un numero pur esiguo di forze che, benché circondate secondo le ultime informazioni, daranno ancora a lungo del filo da torcere al Cremlino e al suo prestigio internazionale.

Se oggi dunque la situazione sul campo ci racconta delle forze armate, quelle di Kyiv, stremate e costrette ad andare avanti per inerzia per frenare l’invasore, il Cremlino non può dirsi lontanamente soddisfatto dei risultati ottenuti sul campo".

Parte da qui la richiesta d'aiuto militare all'esercito della Corea del Nord?

"Assolutamente si, ed è molto più di una semplice richiesta d'aiuto. Da tempo la Russia non è più sola nella sua guerra. Da più di un anno è stato costretto a rifornirsi di armi e mezzi dalla Cina poi dall’Iran ed in ultimo dalla Corea del Nord, con il dittatore Kim Jong Un in particolare che si è prestato ben volentieri ad affiancare il presidente Putin in questa avventura bellica, forse proprio perché i generali russi hanno compreso che non riusciranno mai ad avere la meglio su Kyiv che, sic stantibus rebus, vanta ancora un solito sostegno della Nato: senza l’aiuto esterno di attori in cerca di visibilità come la Corea di Kim Mosca nel lungo periodo entrerebbe in una spirale pericolosa. Anche per questo, L’arrivo di circa 12.000 soldati di Pyongyang nelle basi militari della Russia asiatica ha generato un comprensibile allarme a Washington DC, I cui occhi e orecchie tecnologiche hanno rilevato la presenza dei nordcoreani prima di chiunque altro, e nondimeno questo movimentismo nordcoreano ha  generato allarme a Seul, con il governo della Corea del sud che oggi teme di essere trascinato a sua volta nel fango delle steppe ucraine per il semplice motivo che il nemico del suo nemico va sostenuto. Il timore è infatti che una disfatta Ucraina possa spronare il dittatore Nord coreano nel tentare di attraversare il 38º parallelo scatenando un nuovo capitolo nella guerra tra le coree congelata con un armistizio ormai settant’anni fa". 

Di sicuro la situazione in Ucraina va legata anche a quanto sta accadendo in altre parti del mondo...

"Questo è evidente. A fare da specchio a questa indeterminatezza circa gli esiti del conflitto in Ucraina e gli scopi del Cremlino sono gli echi della guerra in Medio oriente, che si sono riverberati per mesi, e ancora nelle ultime settimane, nella campagna elettorale americana; e così anche l’appuntamento dei BRICS Dove Russia Cina e le altre potenze cosiddette emergenti sembrano aver serrato i ranghi in vista di qualcosa di più grande e coordinato tra potenze, come una guerra economica e forse anche militare contro l’Occidente e il suo sistema politico economico agganciato al dollaro.

A questo si devono sommare i progressivi scambi di artiglieria tra lo stato di Israele e la Repubblica islamica dell’Iran che non fanno altro se non alimentare la poderosa Industria della guerra globalizzata che a livello mondiale sta modificando le stesse economie e i bilanci commerciali dei singoli Stati. È come se si fosse ingenerato un processo che, nonostante la contrarietà di buona parte delle potenze che governano il mondo, Sta precipitando la comunità internazionale in una guerra "Allargata" dove a scontrarsi non sono più soltanto Kiev e Mosca, Gerusalemme e Teheran, ma anche attori minori come le milizie uscite dello Yemen, della Siria, dell’Iraq e del Libano da una parte, e di attori maggiori come appunto la Corea del Nord, la Bielorussia e forse presto anche singoli paesi membri della Nato".

Rischiamo quindi una escalation globale?

"Direi di si; se da un lato il grande test del nuovo presidente americano nel 2025 sarà quello di tentare di governare questa crisi internazionale prima che degeneri in quella che Papa Francesco ha chiamato “ terza guerra mondiale a pezzetti”, dall’altro il tema è come impedire che l’effetto palla di neve scatenato dall’infelice assalito russo al granaio d’Europa, prosegua ancora nel corso del prossimo anno trascinando con sé Il Caucaso (dove la Georgia e la Moldavia Ballano pericolosamente sul filo del rasoio), le due coree, le maggiori potenze mediorientali, e in ultimo L’isola ribelle di Taiwan. La irresponsabilità di un numero sempre più significativo di governi che hanno risposto al “richiamo della foresta“ E si sono Convinti che la miglior maniera per sopravvivere e progredire sia a quella di assalire altri paesi e modificare i confini, apre a ogni scenario: per questo il 2025 potrebbe essere l’anno peggiore per le colombe e quello in cui i falchi di guerra avranno la meglio. Solo il pericolo nucleare sembra frenare questa corsa al massacro ed è al contempo l’unico elemento che si può ragionevolmente eliminare dall’equazione, poiché la guerra - tanto nel quadrante mediorientale quanto in quello europeo e caucasico, e così anche asiatico -si combatte ieri come oggi ancora con gli eserciti e con la paura".

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