Esteri

Guerriglia in Colombia, 26 morti: Ivàn Duque reprime nel sangue le proteste

Lorenzo Zacchetti

Spari sulla folla, denunce di stupri e lacrimogeni anche contro i bambini: l'ONU richiama gli agenti al rispetto della legalità - FOTO

Sono 26 i morti finora accertati per la guerriglia in Colombia, che chiama in causa anche l’Onu. Dal 28 aprile il Paese sudamericano è impegnato in dure proteste di piazza contro il presidente Ivàn Duque.

A scatenare l’iniziativa popolare è stato il progetto di riforma fiscale presentato al Parlamento lo scorso 15 aprile. Nonostante il rapido passo indietro di Duque, che già il 2 maggio ha ritirato la proposta, e le dimissioni del ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla, le manifestazioni sono continuate e, anzi, sono cresciute di intensità.

Le ragioni della rivolta sono infatti ben più profonde, a partire dalla crisi economica che è stata enormemente aggravata dalla pandemia di Covid-19: un lockdown tra i più lunghi del pianeta ha comportato la chiusura di oltre 500.000 attività. Un colpo ferale per l’economia di un Paese il cui tasso di povertà è intorno al 43%, con una crescita del 7% rispetto al pre-Covid. Solo nell’ultimo anno, 2,8 milioni di persone sono precipitate nella soglia di povertà estrema, con un reddito inferiore ai 908.000 pesos al mese (circa 200 euro).

Eletto nel 2018 sconfiggendo il socialista Gustavo Petro, Duque si è inserito nel filone delle politiche neoliberiste che stanno coinvolgendo l’intero Sudamerica, ma il cosiddetto “Paquetazo” di provvedimenti economici ha comportato un rapido calo di popolarità.

Già dal 2019 gli scioperi e le dimostrazioni di piazza si sono fatti sempre più frequenti, per contestare un presidente molto vicino alla classe imprenditoriale e ai proprietari terrieri, che ne avevano sostenuto l’elezione. In vista delle prossime, previste nel 2022, i sondaggi danno però Duque superato da Pedro, deciso a prendersi una rivincita.