Esteri

Kikora Story

Alessandro Dal Porto

Il racconto di un'esperienza da fare (e rifare), in aiuto dei bambini in Kenya

Kikora in Kiswahili, la lingua locale, significa gioia, e gioia è ciò che Giorgia cerca di portare nelle vite dei ragazzi di strada di Maralal tramite il progetto Kikora Street Children in Maralal.

Maralal è un paesino di circa 20mila abitanti, 400 km a nord di Nairobi, nella contea di Samburu, ultimo avamposto prima del deserto che sconfina in Etiopia. Qui il turismo si limita ad una manciata di mzungu (di pelle bianca, nella lingua locale) che si avventurano da queste parti per riposarsi e ricaricarsi prima di partire alla scoperta del lago Turkana e della meravigliosa Rift Valley.

Ed è in questa cittadina, che ha ospitato la prigionia di Jomo Kenyatta, poi diventato primo presidente del Kenya indipendente, che è nato un piccolo centro che accoglie bambini tra i 7 ed i 17 anni che si sono ritrovati a vivere in strada per vari motivi.

Partire, senza ripensamenti

“Ciao amico! Italiano?” queste sono state le prime parole che mi hanno accolto scendendo dal matatu (caratteristico minibus kenyano) dopo un viaggio durato otto ore tra stradine polverose e savane alberate che si perdono a vista d’occhio.
Il simpatico signore sulla cinquantina, avvolto nel suo shuka (tipica coperta Masaai Mara utilizzata come vestito), mentre mi aiutava a scaricare le valigie, non smetteva di ripetere quelle due semplici parole, che una chiara e massiccia presenza italiana gli avevano lasciato in eredità.
Finalmente ero giunto a Maralal ed ero pronto per vivere un’esperienza del tutto inusuale. Anche se non sapevo bene cosa mi avrebbe aspettato, non vedevo l’ora di entrare a far parte, almeno per un po’, di Kikora, il progetto avviato da Giorgia.
Sono venuto a conoscenza del progetto in maniera del tutto casuale, tramite Facebook (ogni tanto i social si rendono utili per il motivo per il quale sono stati inventati), e dopo una breve ricerca su internet e un paio di chiamate non c’ho pensato su due volte e sono partito.
Al mio arrivo al centro era pomeriggio inoltrato e i ragazzini stavano facendo lezione con la maestra Liz.
L’attenzione e l’interesse con la quale ascoltavano le parole dell’insegnante mi ha stupito.
Al Kikora i ragazzini seguono una routine piuttosto consolidata. La sveglia suona molto presto alla mattina, e dopo aver bevuto il chai ed essersi rifatti il letto, si incamminano per raggiungere la scuola. A volte la camminata dura anche più di un’ora. Se invece sono in vacanza, Giorgia e il team locale organizzano delle lezioni di matematica, inglese o kiswahili, tenute dagli insegnanti Jackson e Liz.
Dopo il pranzo e una pausa per sfogarsi giocando a calcio, costruendo macchine in miniatura o rilassandosi al sole distesi sul materasso, si svolgono solitamente attività di life skills e di creatività, per insegnare a questi bambini che ciò che hanno visto e vissuto fino a ora non dev’essere la normalità. Che da certe situazioni bisogna starne alla larga e che esistono amici buoni e altri meno buoni dei quali non fidarsi.
Quello che invece viene chiesto ai volontari è semplicemente di aiutare nelle faccende di tutti i giorni e di donare un po’ di divertimento a questi ragazzini. Si può aiutarli a fare i compiti di matematica e inglese, accompagnarli a fare lunghe passeggiate sulle colline che circondano Maralal o cucinare insieme a loro. 

Un abbraccio, due calci a un pallone, una corsa insieme, un trucco di magia o un ballo scatenato sulle note degli idoli locali è sufficiente a farli sentire amati e a dargli il coraggio per riprendere in mano la loro vita.
Ci sarebbero milioni di scuse che una persona potrebbe raccontare a se stessa per scegliere di passare le vacanze in un qualsiasi altro posto, ma le emozioni che ci si porterebbero dentro al ritorno non sarebbero così intense e durature. Certo, quando si fa una scelta del genere non bisogna andare allo sbaraglio, ma il mio suggerimento è di prenotare il biglietto aereo, organizzare il minimo indispensabile e poi partire, senza ripensamenti e sempre con la mente ed il cuore aperti ad accogliere ciò che capiterà.

Alessandro Dal Porto

Ognuno di loro ha alle spalle una storia diversa, che a volte per noi occidentali è del tutto incomprensibile, ma gli unici aspetti che purtroppo però li accomunano sono gli abusi e le violenze fisiche e psicologiche che questi ragazzini sono stati costretti a subire sin da piccoli.

In una cittadina dispersa in mezzo alla savana, dove ancora molti vivono di pastorizia, allevamento e piccolo artigianato, di certo non c’è spazio per un servizio di assistenza adeguato a queste situazioni. Ed è così che i ragazzini finiscono a vivere per strada, cacciati dalle loro famiglie o scappati di proposito per sottrarsi ai sopprusi giornalieri.

La strada però non è di certo un luogo facile dove vivere. E’ una lotta costante per guadagnarsi qualcosa da mettere tra i denti, per trovare un luogo sicuro e riparato per passare la notte e molto spesso si finisce a sniffare della colla contenuta all’interno di una bottiglietta trovata tra i rifiuti per non sentire più la fame e il freddo che ti aggrediscono senza tregua. E` dover sottostare agli abusi e alle violenze sessuali dei piu` grandi e degli adulti di strada. È dover crescere tutto d’un colpo perché sennò la strada ti inghiotte.

E’ una spirale che porta questi ragazzi all’emarginazione, a vagabondare per le strade, in preda ai fumi della colla ed a compiere atti estremi pur di tirare avanti un giorno in più. Si stima che in Kenya ci siano tra i 250 ed i 300 mila ragazzi di strada. Questi a volte si spostano di paese in paese, finendo anche a diverse centinaia di chilometri da casa nella speranza di trovare una situazione meno dura ed un aiuto.

Un aiuto a questi ragazzi cerca di darlo Giorgia che è riuscita, con il suo progetto Kikora Street Children in Maralal (https://www.kikoramaralal.org/), a mettere in piedi un centro per accogliere questi ragazzi e dargli un po’ di tranquillità e di serenità che a noi stranieri sembrano scontati. Una missione portata avanti grazie alla sua instancabile passione, al lavoro degli insegnanti e dei volontari che si alternano al centro, alla collaborazione con la ONG locale Advocay & Development Initiative Kenya (ADI Kenya), al supporto di vari donatori privati e di due associazioni delle province di Treviso e Venezia (Avi Onlus http://avionlus.it/ e Karibu Onlus www.karibuscorze.it) alle quali è possibile donare una piccola quota per portare avanti il progetto (per saperne piu` https://www.kikoramaralal.org/how-to-donate/ ) A Maralal, il centro Kikora è ormai diventato un punto di riferimento e alcuni bambini bussano anche volontariamente al grande portone azzurro. In città tutti conoscono Margareth, la signora che si prende cura giornalmente del centro, John che lo dirige con professionalità, Liz, Peter e Jackson, gli insegnanti che stanno con loro la notte e visitano le loro famiglie.

I ragazzi solitamente restano al centro circa tra i sei mesi e un anno e iniziano un percorso rieducativo insieme al personale del centro, ai volontari ed ai genitori o parenti, con l’obiettivo poi di reintegrarli in famiglia. Attraverso l’organizzazione e la gestione di attività ludico-educative il personale si prende cura dello sviluppo sociale, fisico, emozionale e spirituale dei ragazzi. Allo stesso tempo vengono offerti intensi percorsi di counseling ai ragazzi e alle loro famiglie per aiutarli a risolvere le problematiche personali e relazionali.

I ragazzi vengono poi seguiti anche nelle fasi successive al reintegro per assicurarsi che il percorso proceda senza intoppi.

Ma la riabilitazione e il reintegro, purtroppo, non sono così semplici. In alcuni casi i bambini scappano per tornare alla vita di strada, perché al centro ci sono delle regole da seguire e degli altri ragazzini con i quali andare d’accordo. In altri casi si fa fatica a trovare qualche parente disposto a riaccoglierli sotto il suo tetto e a impegnarsi a mandarli a scuola e a crescerli come un qualsiasi bambino di otto anni meriterebbe. Fino ad oggi, Kikora ha coinvolto circa 75 tra bambini di strada e quelli che erano a rischio di diventarlo. Tra quelli che vivevano in strada, 40 hanno vissuto al centro Kikora per un periodo e ben 25 sono stati reintegrati con successo.

La gioia che questo progetto vuole portare nelle vite di questi ragazzi non è però unidirezionale. Ciò che questi bambini riescono a trasmetterti con uno sguardo, un sorriso o una linguaccia è anch’essa stessa una felicità pura e innocente. Un qualcosa che ti rimane dentro per sempre. Parola di un volontario di Kikora.

Aiuta Dickson ed i suoi amici di Kikora: https://www.kikoramaralal.org/christmas-for-kikora-2019/