Esteri
L'Irlanda si unisce al Sud Africa nella causa di genocidio contro Israele
L'Irlanda col Sudafrica nella causa per genocidio contro Israele: "Quando è troppo è troppo". L'annuncio
A Gaza proseguono i massacri a sangue freddo. Palestinesi con bandiera bianca sono stati trucidati e i loro corpi maciullati dai bulldozer
L’Irlanda sosterrà formalmente il Sud Africa nella causa per genocidio contro Israele depositata dal paese africano presso la Corte internazionale di giustizia dell’Aia. L’annuncio è stato dato dal ministro degli Esteri irlandese Micheal Martin il quale, pur non avendo chiarito quale forma assumerà l’adesione dell’Irlanda nel caso che vede Israele sul banco degli imputati, dopo settimane di tentennamenti ha fatto uscire dalla zona d’ombra lo sconcerto di Dublino di fronte alle “operazioni” israeliane in corso Gaza dal 7 ottobre.
La cattolica Irlanda, che la settimana scorsa si è unita a Spagna, Malta e Slovenia per il riconoscimento della statualità dichiarata dalla Cisgiordania occupata da Israele e dalla Striscia di Gaza, da tempo è una strenua sostenitrice della causa e dei diritti palestinesi. Decidendo coraggiosamente di schierarsi a fianco del Sud Africa ha dato un segnale forte a Israele e i suoi alleati occidentali molti dei quali, in sintonia con il mainstream del governo di Netanyahu, tutt’ora sostengono l’infondatezza dell’accusa. E tutto questo malgrado l’evidenza drammatica dei fatti, che ogni giorno, come un orrendo e distopico reality show, vanno in onda in tutta la loro atroce e sconvolgente crudezza e crudeltà.
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Nel corso della conferenza stampa il ministro degli Esteri irlandese ha inoltre affermato che, sebbene spetti alla Corte Internazionale decidere se quello al quale stiamo assistendo sia o meno un genocidio, l'attacco di Hamas del 7 ottobre e ciò che sta accadendo a Gaza da sei mesi "rappresenta la palese violazione del diritto internazionale umanitario su scala di massa. La presa di ostaggi. Il rifiuto intenzionale dell'assistenza umanitaria ai civili. Il prendere di mira civili e infrastrutture civili. L'uso indiscriminato di armi esplosive in aree popolate. L'uso di beni civili per scopi militari. La punizione collettiva di un'intera popolazione", ha detto Martin. "L'elenco potrebbe continuare. Tutto questo deve finire. La situazione a Gaza è catastrofica. Il punto di vista della comunità internazionale è chiaro: quando è troppo è troppo."
Il 26 gennaio scorso la Corte internazionale di giustizia (ICJ), nota anche come Corte mondiale, respingendo il ricorso di Israele e aprendo di fatto la strada alla causa per genocidio - che val la pena ricordare durerà anni – gli ha ordinato di astenersi da qualsiasi atto che potrebbe rientrare nella Convenzione sul genocidio ordinando di garantire che le sue truppe non commettano atti di genocidio contro i palestinesi. Da allora, Israele non solo non ha rispettato le richieste della Corte di Giustizia, ma ha persino ignorato il vincolante ordine di presentare un report entro 30 giorni in grado di dimostrare l’efficace attuazione dei provvedimenti richiesti dalla ICJ.
Un disprezzo che si è ripetuto anche nel caso della Risoluzione per il Cessate il fuoco presa dal Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite, di fronte al quale Israele, come tutta risposta, ha decuplicato la dose di bombardamenti a Gaza, intensificato le rappresaglie in Cisgiordania, e alzato l’asticella del conflitto ben oltre i suoi confini. Nelle ultime ore sono iniziati a circolare filmati ottenuti da Al Jazeera che mostrano uomini palestinesi disarmati – uno dei quali agita ripetutamente un pezzo di stoffa bianca in segno di resa – falcidiati a sangue freddo dalle truppe israeliane che poi seppelliscano i loro corpi con un bulldozer vicino a Gaza City. Hamas ha condannato questi omicidi, affermando che si tratta di “un’ulteriore prova della portata del fascismo e della criminalità che governa il comportamento sionista”.
Nel mentre, al confine col Libano, le tensioni hanno raggiunto livelli di incandescenza che lasciano presagire un allargamento del conflitto, con Israele e Hezbollah che da mesi “dialogano” a colpi di missili e vittime. Sono almeno nove i civili rimasti uccisi negli ultimi due attacchi israeliani nel sud del Libano. Sono 60.000 gli israeliani che nella zona di confine sono stati costretti a lasciare le loro case e sono 20 i civili morti sino ad oggi a causa dei bombardamenti, mentre quasi 350 sono quelli libanesi.
Fino ad oggi Israele e Hezbollah si sono mantenuti sul filo del rasoio evitando uno scontro totale. Ma fino a quando durerà questo macabro balletto della morte? E fino a quando l’Europa resterà alla finestra a guardare, senza prendere posizione? L’Italia, l’Europa e gli Stati Uniti continuano ad armare Israele, rimandando ogni decisione a data da destinarsi. Così facendo si rendono complici di uno sterminio del quale, alla fine, siamo e saremo tutti responsabili, senza nessuna eccezione. Il mondo si preoccupa dei piani di Netanyahu ma non coglie il punto: Rafah è solo una parte della sua campagna.