Esteri
Myanmar-Cina, Dalai Lama-Taiwan, Vietnam-Usa: pillole asiatiche
I sospetti dei generali e le speculazioni dei media locali (e indiani) creano qualche ostacolo all'ottimo rapporto Pechino-Naypyidaw
CINA-MYANMAR - Il Myanmar è uno dei paesi coi quali la Cina ha una delle migliori relazioni in Asia. Pechino è presente da tempo con numerosi investimenti in ambito Belt and Road e lo scorso gennaio Xi Jinping si è recato in visita a Naypyidaw. Il primo, e finora unico a causa del coronavirus, viaggio all'estero del presidente cinese nel 2020, durante il quale ha incontrato la consigliere di stato Aung San Suu Kyi. Anche nelle scorse settimane si è più volte scambiato messaggi con il presidente birmano, Win Myint. Ma in questi giorni sta facendo molto discutere una dichiarazione del comandante dell'esercito di Myanmar, Min Aung Hlaing, il quale ha detto che alcuni gruppi armati che operano all'interno del paese, considerati organizzazioni terroristiche, ricevono supporto "da potenti forze". Il portavoce dell'esercito, Zaw Min Tun, ha invece sostenuto che uno stato straniero avrebbe aiutato l'Arakan Army, che opera nello stato costiero di Rakhine, nella parte occidentale del territorio birmano. Nessuno dei due ha citato un paese o una "forza" in particolare, ma The Irrawaddy ritiene che i generali birmani siano poco soddisfatti dei rapporti con la Cina, che pure negli ultimi anni si è offerta di aiutare il Myanmar nel processo di pace, facendo passi concreti a sostegno della stabilità. Eppure, riporta il magazine specializzato sull'area, diversi esponenti del Tatmadaw (l'esercito birmano) non si fidano del grande vicino, e sono convinti che in qualche modo, magari a livello locale, sostenga alcuni dei numerosi gruppi insorgenti. In particolare, il Myanmar National Democratic Alliance Army, di base etnica cinese, avrebbe profondi rapporti con la provincia cinese dello Yunnan, confine nord orientale del paese. Tra le armi requisite ai gruppi armati durante alcune delle più recenti azioni alcune, tecnologicamente avanzate, proverrebbero proprio dalla Cina. In passato, l'esercito birmano aveva dichiarato che i "terroristi" se le erano procurate in territorio cinese in modo illegale. E in realtà, gli attacchi di questi gruppi rischiano di mettere a repentaglio alcuni progetti infrastrutturali cinesi sotto la cornice della Belt and Road, ma i sospetti riportati dai media locali sono stati rilanciati con grande forza anche dai media indiani, in un momento nel quale i rapporti tra Pechino e Nuova Delhi sono, per usare un eufemismo, complicati. Da sottolineare che Myanmar e India sono state di recente protagoniste di un avvicinamento diplomatico, e a Naypyidaw c'è chi sostiene che si dovrebbe trovare una posizione più equidistante tra i due ingombranti vicini. Proprio negli scorsi giorni, la Commissione elettorale ha fissato per il prossimo 8 novembre le elezioni generali.
DALAI LAMA-TAIWAN - Il Dalai Lama a Taiwan. Per creare un'arrabbiatura maggiore alla Cina, si potrebbe solo far presentare l'evento a Mike Pompeo e Narendra Modi. Scherzi a parte, sui media taiwanesi (e, ancora una volta indiani, in questo periodo interessatissimi a tutto quanto concerne Pechino) si è diffusa la voce di una possibile futura visita del Dalai Lama sull'isola. Tutto nasce da una dichiarazione della guida spirituale del Tibet in esilio in India, nella quale dice che gli piacerebbe poter tornare a Taiwan. Il tutto va però contestualizzato. La dichiarazione è arrivata alla fine di un mind training di un'ora proiettato in streaming per il pubblico taiwanese, radunatosi anche in luoghi pubblici per seguire l'evento, organizzato in onore dell'85esimo compleanno del Dalai Lama. "Con uno scenario politico in mutamento, potrei essere in grado di visitare Taiwan. Lo spero, ma in questo momento è difficile dire se potrò farlo. A prescindere se sarò in grado di venire da voi fisicamente oppure no, nel mio spirito sono con voi". Come si può vedere, la visita è tutt'altro che certa. La portavoce del ministero degli esteri di Taipei, Joanne Ou, ha accolto l'ipotesi con favore: "Se ne farà richiesta, il governo taiwanese gli darà il benvenuto in accordo con i principi di rispetto reciproco e accoglienza, in un momento proficuo per entrambe le parti". Il Dali Lama è già stato a Taiwan nel 1997, nel 2001 e nel 2009 ma non è più tornato da quando il presidente cinese è Xi Jinping.
VIETNAM-USA-GIAPPONE - Continuano i movimenti diplomatici del Vietnam, che negli ultimi tempi è diventato sempre più audace nella sua linea strategica di confronto con la Cina, pur mantenendo con l'Impero Celeste un intenso interscambio commerciale. In particolare, si segnalano ulteriori avvicinamenti a Stati Uniti e Giappone. Dopo che negli scorsi giorni Washington ha ufficialmente appoggiato le istanze di Hanoi e delle Filippine nell'intricata disputa sul Mar Cinese Meridionale, il capo del partito comunista della capitale vietnamita, Vuon Dinh Hue, ha incontrato l'ambasciatore americano Daniel Kritebrink. Il quale ha affermato che gli Usa non vedono l'ora di "aumentare la partnership con il Vietnam, specialmente nei settori di tecnologia, turismo e commercio". Il Vietnam ha contenuto con grande successo la pandemia da coronavirus ma inevitabilmente soffrirà qualche contraccolpo, soprattutto sul lato occupazionale. Ma il capo del partito di Hanoi sostiene che la ripresa avverrà presto, citando le 229 licenze date ad altrettanti progetti (molti dei quali americani) rilasciate durante l'evento "Hanoi 2020 - Investment and Development Cooperation" di fine giugno. Il Vietnam è in effetti diventato il principale hub del sud est, e molte aziende hanno rilocalizzato o si stanno rilocalizzando nel paese anche per effetto della guerra commerciale. Nelle ultime settimane, c'è movimento sul tema anche sul fronte imprese nipponiche, dopo che il governo Abe ha lanciato il piano China Exit per incentivare le aziende giapponesi a lasciare la Cina e tornare a casa oppure spostare in altri paesi asiatici le proprie linee produttive. Piccolo ma interessante episodio a suffragio del rinnovato clima di cooperazione tra Hanoi e Tokyo, quello che riguarda un P-3C della forza di difesa marittima giapponese. L'aereo, di ritorno da una missione anti pirateria nel golfo di Aden, ha avuto problemi tecnici e si è dovuto fermare in Vietnam dove, dopo un lungo e meticoloso lavoro, gli è stato sostituito il motore col supporto del ministero della Difesa locale. Negli ultimi tempi la collaborazione in materia di difesa è aumentata, col Giappone che ha condiviso con Hanoi la propria tecnologia di costruzione navale.