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Golpe in Niger

I paesi occidentali e amici del Niger, così come l’Ecowas, hanno sospeso ogni sostegno finanziario al bilancio e alla cooperazione di sicurezza, facendo crescere la pressione sulla giunta militare del Niger, guidata dal generale Abdourahamane Tchiani, affinché ripristini l’ordine costituzionale, riconoscendo come unico capo di Stato il presidente, democraticamente eletto, Mohamed Bazoum. Per i partner occidentali le prospettive sono molto fosche, e aggravate dalle prese di posizione di Bamako e Ouagadougou. Dopo il Mali e il Burkina Faso, dunque, anche il Niger è caduto sotto il controllo di un regime militare che potrebbe sconvolgere la lotta contro i gruppi armati jihadisti nel Sahel e anche il contrasto ai flussi migratori, il Niger ne è il crocevia. Di fronte all'avanzata dei terroristi, le giunte militari hanno preso il sopravvento su democrazie ritenute inefficienti e corrotte da parte delle popolazioni saheliane. 

I militari che hanno, infatti, preso il potere in Niger hanno già annunciato un nuovo orientamento strategico. “L'attuale approccio non ha permesso di mettere in sicurezza il Paese nonostante i pesanti sacrifici compiuti dai nigerini”, ha detto il generale Tchiani. Il Niger e il suo presidente, eletto democraticamente, erano i principali alleati dei paesi occidentali nel Sahel travolto dalla violenza jihadista e da un’ondata di autoritarismo venato di sovranità russofila. 

 Il Mali si è rivolto ai mercenari della Wagner per far fronte ai gruppi jihadisti, provocando la partenza delle truppe francesi nel 2022. Le autorità di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, hanno optato per la mobilitazione di cittadini armati e hanno chiesto il ritiro delle forze speciali francesi nel Paese, non senza l’appoggio della Wagner. Il presidente nigerino, invece, aveva scelto di mantenere sul suo territorio la presenza di soldati francesi, americani e italiani – in tutto più di tremila - temendo di essere coinvolto nel divorzio tra occidente e le giunte saheliane.

Queste giunte “tendono naturalmente ad addossare la responsabilità del deterioramento della sicurezza agli alleati dei regimi che hanno rovesciato. Questi colpi di stato sono sostenuti da una parte della popolazione che ha già mostrato un atteggiamento ostile nei confronti dei francesi o degli occidentali presenti nel Sahel”, spiega Ibrahim Yahaya Ibrahim, ricercatore dell'International Crisis Group. Fin dal suo primo intervento, il generale Tiani ha preferito rivolgersi ai suoi omologhi saheliani, interrogandosi “sul senso e sulla portata di un approccio securitario alla lotta al terrorismo che escluda ogni reale collaborazione con Burkina Faso e Mali” nell'area nota come i tre confini.

A causa delle tensioni diplomatiche, i militari nigerini e francesi non hanno potuto operare liberamente contro le basi dello Stato Islamico dall'altra parte del confine con il Mali, dove vengono pianificati e partono gli attacchi sul territorio nigerino. Questa crisi non potrebbe essere risolta senza la cooperazione con il Mali, secondo il generale Tchiani. Insomma, è facile prevedere che vi sia un “miglioramento” delle relazioni e una maggiore cooperazione tra i paesi vicini con una saldatura con i regimi di Mali e Burkina Faso che avrebbe un impatto destabilizzante, non solo sul Sahel, ma su tutta la regione dell’Africa occidentale. Da qui le minacce di un intervento militare per il ripristino della democrazia in Niger che, allo stato attuale, sembra essere una via estremamente pericolosa

 

 

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