Esteri
Norvegia col gas, Corea del Sud con le armi: chi fa affari grazie alla guerra

Tra energia e rifornimenti militari, ci sono alcuni paesi che stanno facendo affari grazie al confitto in Ucraina. Tra questi, due forse inattesi: Oslo e Seul
Norvegia, affari d'oro con le esportazioni di gas verso l'Europa
Non per tutti la guerra è una catastrofe economica. Non c'è solo chi teme per l'approvvigionamento di energia, o chi invece teme proprio di vedere il proprio territorio nazionle fatto a brandelli. No, c'è anche chi sembra guadagnarci qualcosa. E non si parla solo dei soliti noti, dall'Azerbaigian all'Algeria per la loro ricchezza di gas o magari secondo alcuni degli Stati Uniti che incrementano la vendita di armi. No, oltre a loro ci sono anche due casi forse inattesi di paesi che sono saldamente nella sfera delle democrazie liberali: Norvegia e Corea del Sud.
La Norvegia sta facendo ricchi affari grazie alle esportazioni di gas. Fornire energia all'Europa è sempre stato redditizio per la Norvegia, il quarto esportatore mondiale di gas naturale. Lo è diventato in modo clamoroso da quando la Russia, un tempo sua rivale nel tenere calda l'Europa, ha chiuso i rubinetti. Mentre la guerra e la conseguente crisi energetica si trascinano, le somme che fluiscono verso nord si stanno rivelando "imbarazzanti", come le ha definite l'Economist, lanciando anche un siluro a Oslo: "Un luogo che tiene alla sua immagine di forza del bene nel mondo deve respingere le accuse di profitto di guerra".
In un anno normale le vendite di petrolio, gas ed elettricità fruttano oltre 50 miliardi di dollari per la Norvegia. Ma ora, grazie alla guerra, i ricavi delle esportazioni energetiche della Norvegia sono saliti a un ritmo di oltre 200 miliardi di dollari all'anno. Se non fosse per il fatto che la Norvegia ha deciso di mettere da parte questo denaro in un fondo sovrano, a questi prezzi ogni norvegese potrebbe ricevere un assegno annuale del valore di circa 40.000 dollari, più o meno il PIL pro capite dell'Unione Europea.
La Norvegia ha approfittato della crisi per due cose. La prima: stoppare la retorica dell'abbandono più rapidamente possibile dei combustibili fossili. Ha anzi aumentato la produzione di gas il più possibile, sopprimendo persino gli scioperi sindacali per mantenere il flusso di energia. Dall'altro, ovviamente, aumentando le esportazioni verso i vicini europei sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista dei costi. Ora però iniziano a farsi sentire le pressioni sulla Norvegia affinché doni parte dei suoi guadagni al resto di un'Europa in grande difficoltà.
La Corea del Sud esporta armi in Europa
Andando molto verso oriente, invece, c'è anche un altro paese che sta facendo affari con la guerra: la Corea del Sud. E si tratta di una novità assoluta, per lo meno sul mercato europeo. Qualche settimana fa, segnala Nikkei Asia, la Polonia ha annunciato di aver stretto un accordo con la sudcoreana Hyundai Rotem. La mossa è stata sorprendente, poiché ha segnato solo il secondo grande acquisto di armi da parte di un membro della Nato da un fornitore esterno al blocco. Nel 2017, la Turchia aveva acquistato un sistema di difesa aerea dalla Russia in una mossa molto controversa.
La Polonia ha annunciato l'acquisto di 1.000 mille carri armati K2 Black Panther da Hyundai Rotem, una sussidiaria per la difesa di Hyundai Motor Group. Hyundai Rotem fornirà a breve termine 180 dei veicoli corazzati, noti per i loro potenti cannoni a canna liscia da 120 mm, i sistemi di ricarica automatica e la velocità fino a 70 chilometri orari. I restanti saranno costruiti nel Paese dell'Europa orientale a partire dal 2026. L'accordo mostra come le aziende sudcoreane del settore della difesa si stiano espandendo in Europa, dove la spesa militare è in aumento dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Ma non è solo nel continente che le aziende stanno facendo faville.
La proposta alla Polonia è arrivata al momento opportuno: Varsavia stava cercando di sostituirli dopo aver consegnato all'Ucraina 250 carri armati di epoca sovietica. I polacchi avevano preso in considerazione il Leopard 2 di Krauss-Maffei Wegmann, il pilastro delle forze armate europee della Nato, compresa quella polacca. Ma si ritiene che il Paese dell'Europa orientale sia stato scoraggiato dai lunghi tempi di consegna.
Il numero di carri armati previsti dall'accordo con i sudcoreani supera di gran lunga quello del contratto che Varsavia ha firmato in aprile per l'acquisto di 250 carri armati M1A2 Abrams dagli Stati Uniti. Secondo gli analisti, un'attrattiva fondamentale dell'accordo con la Corea del Sud, che comprende anche altre armi, è la prospettiva di trasferimenti di tecnologia che potrebbero consentire alla Polonia di diventare un polo europeo di produzione di armi.