Esteri

Orsini, Travaglio, Santoro: ecco chi sono i "Guerrapiattisti"

di Lapo Mazza Fontana

Perché deprecare la religione del pacifismo è necessario, ma non è sinonimo di deprecare tutti i pacifisti, neanche in ossequio al concetto di Resistenza

Sappiamo come aver tentato di evitare la guerra a tutti i costi negli anni trenta del novecento portò alla peggiore catastrofe della Seconda guerra mondiale. Sappiamo che il pacifistoidismo di Neville Chamberlain opposto all'interventismo di Winston Churchill portò a peggiori ed indicibili disgrazie. Un ulteriore paradosso? Ovviamente. E fuor di metafora: anche in QUESTA GUERRA IN UCRAINA i pacifistoidi vanno deprecati, pur capendo che anche stavolta i torti non sono tutti da una parte?

I torti non furono univoci nemmeno negli anni trenta: Germania e Italia, se non davvero il Giappone, furono quasi a forza trascinate nelle dittature nazifasciste da atteggiamenti sempre più irresponsabili delle potenze che avevano vinto la Prima guerra mondiale.

I GUERRAPIATTISTI, ovvero i critici nei confronti dell'Occidente e delle sue politiche geostrategiche, associati a buon titolo o meno coi pacifistoidi, vanno dispregiati per le loro idee o peggio per le loro giaculatorie liturgiche? La risposta è bifida e complicata anche questa volta come la realtà degli eventi è maledettamente intricata. Ma potremmo risolvere con una formula, a sua volta ecclesiastica, e quindi paradossale: Credo in “unum deum, patrem omnipotentem”: libera espressione, comprensione e rispetto per le persone e per i loro percorsi, deprecazione per i dogmi deficitari di senso logico.