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Riforma giustizia, migliaia di persone in strada a Tel Aviv. Sciopero medici

di Redazione Esteri

Migliaia di manifestanti sono scesi in strada a Tel Aviv per protestare contro l’approvazione da parte della Knesset della “clausola di ragionevolezza“

Israele, folla di gente in piazza contro l'ok alla riforma della giustizia 

La notte tra il 24 e il 25 luglio, migliaia di manifestanti sono scesi in strada a Tel Aviv per protestare contro l’approvazione da parte della Knesset della “clausola di ragionevolezza“, uno dei punti chiave della controversa riforma giudiziaria del governo di Benyamin Netanyahu. I manifestanti si sono scontrati con la polizia, che ha cercato di disperdere i dimostranti mettendo in azione gli idranti. 

Israele, scioperano anche i medici

Sciopero dei medici israeliani contro la riforma giudiziaria. La protesta di 24 ore è partita questa mattina, dopo una notte di caos con proteste e scontri fra polizia e manifestanti sia a Gerusalemme che a Tel Aviv. I camici bianchi lavorano oggi "in modalità shabbat", ovvero garantendo solo le emergenze come nel giorno del riposo ebraico, in un gesto che sottolinea la grave frattura nella società israeliana causata dalla contestata riforma giudiziaria voluta dal governo di Benyamin Netanyahu.

Dopo che ieri la Knesset ha approvato un primo provvedimento della riforma, volto a limitare i poteri della Corte Suprema di pronunciarsi sulle decisioni del governo, la scorsa notte una folla di manifestanti ha bloccato per ore Tel Aviv e Gerusalemme. In entrambe le città, riferisce Times of Israel, la polizia è intervenuta alle prime ore del mattino con idranti e reparti a cavallo per sgomberare la folla e vi sono stati almeno 33 arresti.

Intanto l'associaizone degli avvocati israeliani si è aggiunta ad una serie di Ong nel presentare ricorso alla Corte Suprema contro la nuova legge. Il provvedimento, viene sottolineato, altera l'equilibrio dei poteri, rendendo l'esecutivo "non soggetto al controllo giudiziario e permettendogli di governare senza limitazioni". Va registrata anche la posizione di Danny Yatom, ex capo dei servizi d'intelligence del Mossad, secondo il quale il ministro della Difesa Yoav Gallant, che aveva invano tentato una mediazione, avrebbe dovuto dimettersi dopo l'approvazione della legge.