Esteri

Salvini faccia attenzione ai falsi amici sovranisti

Giuseppe Vatinno

Roma, Vienna e Budapest hanno interessi contrapposti

C’è un punto non completamente acquisito della dottrina sovranista che riemerge ogni volta che si vuole condividere, per così dire, la gioia del sovranismo con altri.

E cioè il sovranismo (e non entriamo in dotte disquisizioni riguardo al suo rapporto con il populismo) è, per sua natura, esclusivista nel senso che non è un bene “condivisibile” per definizione, tranne rare eccezioni.

Il sovranismo fa gli interessi della propria nazione e quindi non ci si può alleare con chi, in genere un altro sovranista, deve perseguire interessi contrapposti.

E non è che il sovranismo pone solo limiti territoriali, ma li pone anche ideologici perché gli effetti di alcune scelte vanno poi a dispiegarsi a miglia di chilometri di distanza, magari dall’altra parte di un oceano.

E veniamo ai casi concreti.

L’Italia, retta da una maggioranza giallo-verde sovranista, non può condividere le “gioie” di questa ideologia con altre nazioni ugualmente sovraniste, o almeno non con tutte.

E cioè Salvini al potere e la Meloni attualmente all’opposizione sono attrattati, ad esempio, dalla figura di Orban, ma l’Ungheria ha interessi geopolitici contrapposti ai nostri sul tema dei migranti, niente affatto secondario nell’agenda governativa.

Quello che va bene all’Italia non va bene all’Ungheria e viceversa.

E così è con l’Austria del “comandante Kurz” per la situazione dell’Alto Adige o Sud Tirolo, come lo chiamano loro.

Vienna ha in programma di concedere la nazionalità agli abitanti di lingua tedesca che abitano in Alto Adige e non ha mancato di randellare quasi peggio della Commissione Ue e della Francia la nostra manovra economica, evidentemente per trattare sugli altri temi.

E ne sapeva bene qualcosa un altro famoso sovranista, Benito Mussolini, che non ci pensò molto nel 1934 a schierare quattro divisioni al Brennero quando dovette affrontare la salita al potere dei nazisti austriaci sostenuti direttamente da Berlino, dopo l’assassinio del cancelliere amico dell’Italia e personale del Duce, Dolfuss.

E se non ci fu conflitto fu solo perché il dittatore nazista fu costretto da Mussolini stesso a dichiarare il suo “rammarico” per l’attentato, mentre gli altri Paesi europei facevano, come al solito, orecchie da mercante e poi ci furono le sconsiderate sanzioni per l’Etiopia che riconsolidarono i rapporti tra Italia e Germania.

Tornando all’attualità, la natura sostanzialmente esclusivista del sovranismo non esclude che si possano invece fare alleanze con “sovranisti lontani” nella metrica dello spazio e degli obiettivi, ad esempio è il caso della Russia di Putin o magari degli Stati Uniti di Trump.

Mentre il cosiddetto Gruppo di Visegrád (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) non sembra un terreno fertile di vantaggi per il nostro Paese, come neppure Vienna è, almeno in questa fase, un soggetto propriamente amico.

Si capisce comunque che Salvini sia attratto da queste “amicizie pericolose” per due motivi: uno è che quando si sono raggiunti grandi risultati in termini di consensi nel proprio Paese si vorrebbe condividere la gioia con altri che la pensano come noi, e questa è una naturale spinta psicologica, ma Salvini è troppo “politico” per cedere solo all’entusiasmo fanciullesco. In vista delle europee sta cercando di guidare i movimenti sovranisti nel Vecchio Continente, ambizioni più che giusta, ma che deve essere necessariamente coniugata ad una buona dose di attenzione per i “parenti serpenti” che solo apparentemente sono “amici”.