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Vino senza alcol, trend in crescita: il 50% del mercato è in mano agli astemi
Il consumo di alcol in Italia e in Europa è al ribasso, per questo si rende d'obbligo attrarre quelle categorie che non bevono alcol, in particolare i giovani
A introdurre per la prima volta la possibilità di produrre vini senza alcol in Europa è stata la Politica Agricola Comune (Pac) 2023-2027, approvata ad ottobre del 2021, trovando un compromesso: via libera alla dealcolizzazione totale dei vini da tavola (titolo alcolometrico inferiore a 0.5%); parziale dealcolizzazione per Dop e Igp (titolo alcolometrico superiore a 0.5%). Per farlo si pratica la sottrazione dell’alcol mediante tecnologie che spaziano dall’evaporazione al ricorso a sistemi a membrana. Fino a quel momento si era fatto riferimento alle singole legislazioni nazionali. Così se per Spagna e Germania era già una pratica utilizzata da tempo, per l’Italia era off limits, dal momento che, secondo la nostra legislazione, per essere chiamato vino, un prodotto deve presentare una gradazione di circa 8 gradi (ogni denominazione, poi, fa riferimento al disciplinare specifico).
La nuova Pac ha, quindi, aperto la strada. Ma in Italia, nonostante l’ok dell’Europa, c’è ancora un ostacolo insormontabile alla pratica: il Testo Unico del Vino, che prevede multe salate per chi detiene in cantina vino con titolo alcolometrico minore di 8 gradi. Si dovrebbe, quindi, intervenire in ambito legislativo, ma non è così scontato, considerato che il ministro delle Politiche Agricole Francesco Lollobrigida ha più volte preso posizione contro i vini senza alcol: “Non devono essere chiamati vino”, ha ribadito anche in una recente intervista al Gambero Rosso. Per questo, in Italia, ci sarà probabilmente ancora da aspettare per il no and low alcol.