Il ruolo di Milano dopo la Brexit
In un’intervista di metà giugno, a proposito delle amministrative, Alessia Potecchi, Presidente dell’Assemblea Metropolitana del PD a Milano, ci aveva detto che considerava Milano “una città aperta e solidale che non ha paura e che non si chiude in se stessa”. Ma il voto inglese sulla Brexit sposterà un po’ questi equilibri?
“Nel frattempo sono già accadute tante cose” ci dice oggi Alessia Potecchi “L’uscita della Gran Bretagna dall’Europa porta anche per la nostra città ad una riflessione profonda che avrà delle conseguenze e degli sviluppi. La gestione del divorzio sarà assai complicata dal punto di vista politico e commerciale, a Londra per esempio ha sede l’autorità bancaria europea, andrà spostata, e la città prescelta diverrà una nuova capitale finanziaria: sia essa Milano o Dublino o un’altra città.
Milano in questa senso può essere territorio di opportunità, ci saranno in questa situazione istituzioni finanziarie che avranno difficoltà a rimanere a Londra e quindi cercheranno di localizzarsi in altri modi in Europa, si potranno così trovare dei percorsi per questa rilocazione che significherebbe lavoro, occupazione e sviluppo per il nostro territorio. Lo stesso Beppe Sala aveva già tempo fa detto che puntava dopo Expo ad un modello Londra con la priorità di puntare sull’attrazione di investimenti che Milano può avere per gli studenti di tutto il mondo grazie alle sue università e alla sua attrazione turistica. Milano può diventare da traino per l’intero Paese e può fare scattare anche per noi la partita della competitività europea anche perché in questi anni Milano ha dimostrato una capacità molto forte di riconversione, come è accaduto per esempio con l’area occupata da Expo o Porta Nuova ed è quindi diventata affidabile e meta per gli investitori”.
Nel dopo Brexit il ruolo di Beppe Sala come sindaco sarà realmente appoggiato anche dal governo?
“Occorre svolgere un lavoro di squadra, identificare gli aspetti attrattivi per le multinazionali ed elaborare una proposta concreta. Il ruolo da protagonista deve averlo il Comune di Milano, ma dobbiamo anche incentivare il governo e la regione a sostenere questo tipo di iniziativa con una forte e immediata politica di incentivazione fiscale e uno snellimento del sistema burocratico. Vanno eliminati tutti quei lacci e lacciuoli che impediscono all’economia di crescere e di svilupparsi. L'uscita dall'Europa della Gran Bretagna deve determinare un rilancio della politica di integrazione europea. La Gran Bretagna era già con un piede fuori, non aveva accettato l'euro e poneva condizioni inaccettabili sull'integrazione, non bisogna perdere tempo in estenuanti trattative per definire i tempi dell'uscita. Bisogna riprendere l'iniziativa per definire al più presto una politica comune sull'immigrazione e sulle politiche fiscali, il Parlamento europeo deve avere maggiori poteri nell'indirizzo delle politiche sociali ed economiche, deve esserci una vera politica estera dell'Europa.
Va archiviata la politica di austerità consentendo ai Paesi, da troppo tempo impantanati nella stagnazione, di avere la mano libera per definire una politica di investimenti pubblici.
Applicare all'economia ricette keynesiane è utile e necessario. Roosevelt sconfisse la grande depressione degli anni trenta realizzando la TVA, la Tennessee Valley Authority; il problema delle banche va normalizzato: il bail-in è stato un grande errore e va quantomeno sospeso. Le banche, in una fase di continui rimbalzi in borsa che si prolunga troppo, sono fondamentali per il credito”.
Mi sembra allora che non basti la vittoria alle amministrative, ma che ci sia ancora molto da fare. Come vede le prossime fasi di intervento?
“Abbiamo vinto a Milano perché abbiamo saputo valorizzare nel segno della continuità il lavoro che Pisapia e la sua giunta hanno fatto in questi anni, ma senza pensare di fermarci qui, ma di alzare l’asticella e di fare ancora di più e meglio. Abbiamo vinto perché abbiamo mantenuto un centro sinistra unito intorno alla candidatura di Beppe Sala, che i milanesi hanno imparato a conoscere e ad apprezzare in questi mesi, come persona competente, umile, preparata e che ha dimostrato di amare la nostra città e di mettersi al suo servizio, per continuare a costruire la Milano aperta e solidale che non ha paura dell’altro e che vuole vivere la città come una grande metropoli moderna che guarda senza se e senza ma all’Europa come meta e punto di riferimento. Abbiamo guardato ai più deboli, a chi è in difficoltà, a chi è rimasto indietro per poter costruire quella città forte in grado di aiutare e supportare. Abbiamo ottenuto questo risultato perché la partecipazione e il coinvolgimento sono stati fondamentali così come è accaduto durante le elezioni primarie.
Oggi viviamo in un contesto difficile, esplodono nuovi problemi quali quelli di un’immigrazione senza controllo, è imploso il mondo mussulmano, sono ingestibili i problemi ambientali, siamo in presenza di una accelerazione del processo di globalizzazione economica e finanziaria che ha travalicato tutti i confini, si diffonde quindi la rabbia, l’insicurezza, il disappunto e la spinta al cambiamento. I partiti storici faticano, c’è il crollo degli elettori che votano, vince il nuovismo, non contano i programmi, si oppone il saper fare, il voler fare all’essere ideologico, il voto non è più di opinione, non è nemmeno per convenienza, è spesso un voto di impulso, un voto last minute.
Non dobbiamo sottovalutare il populismo del Movimento 5 stelle: è tempo perso demonizzarlo, ma non tutti i mali vengono per nuocere, la diffusione dei populismi richiede la capacità di trasformare la protesta in proposta, l’indignazione in passione politica, il disimpegno in partecipazione, il pessimismo in ottimismo.
I partiti non possono oggi, anche se diversi dal passato, avere solo una base parlamentare: devono avere una base popolare. I problemi oggi sono complessi e la loro soluzione richiede il coinvolgimento di tutti, si vince se si convince e si avvince, a noi il continuare e potenziare ancora di più la nostra azione di rinnovamento e cambiamento e il referendum costituzionale proprio in questa direzione sarà un grande momento di confronto democratico sul merito di una riforma che è a mio parere assolutamente fondamentale per il futuro dell’Italia”.
Paolo Brambilla