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In crescita l’export italiano verso il mercato giapponese,terzo al mondo

Daniele Rosa

L’agroalimentare il settore più coinvolto. A colloquio con l’avv. Sara Armella, esperta internazionale

L’avv. Sara Armella è stata relatrice al convegno romano su ‘Epa, Economic Partnership Agreement’. Armella è inoltre  autrice del libro "Diritto doganale dell'Unione Europea", “EU Customs code”, Università Bocconi. L'abbiamo incontrata al termine del convegno. 

 

 

Avvocato lei è stata uno dei relatori al Convegno "EPA, Economic Partnership Agreement: la crescita dell'export italiano verso il Giappone". Cosa è emerso da questo incontro?

 

‘Intanto è utile specificare cosa è l'EPA. E' un trattato (Accordo di Parternariato Economico tra UE e Giappone), in vigore dal 1° febbraio scorso, che ha l’obiettivo di facilitare gli scambi commerciali tra gli Stati europei e il mercato giapponese che, quanto a dimensione economica, è il terzo al mondo. Si tratta di un’intesa molto importante, soprattutto per le imprese italiane, considerato che il consumatore medio giapponese è molto esigente ed esperto e apprezza particolarmente i prodotti del Made in Italy.’

 

E qual è l'obiettivo di questo trattato?

 

‘L’Epa non si limita a imporre soltanto l’abbattimento graduale dei dazi, ma elimina una serie di voci di costo, in particolare in termini di procedure doganali e requisiti tecnici dei prodotti, attraverso la loro armonizzazione e semplificazione.

Questi interventi riducono sensibilmente l’accesso all’export e consentono, anche alle piccole e medie imprese, di competere e accedere al mercato giapponese, prerogativa fino a oggi riservata solo alle aziende di maggiori dimensioni, in grado di sostenere investimenti nella rete distributiva e per la promozione internazionale.’

 

Cosa è cambiato da quando l'accordo è in vigore?

 

‘A differenza di altri accordi internazionali, l’efficacia del libero scambio è stata immediatamente misurabile: dalla data di entrata in vigore dell’accordo, il Giappone ha liberalizzato il 91% delle sue importazioni dall’UE, mentre l’export italiano ha ricevuto un incremento dell’8,8%, con un particolare successo per i formaggi (+ 17%) e i vini (+23%) Made in Italy.

Le semplificazioni risultano potenziate con la possibilità di vendere anche attraverso l’e-commerce e di raggiungere mercati un tempo considerati inaccessibili per aziende di nicchia.’

 

Quali sono le imprese più interessate a questo accordo?

 

‘Le filiere economiche interessate dall’Accordo sono molteplici: dalle apparecchiature mediche all’automotive (secondo settore dell’export italiano), fino all’abbigliamento, con dazi dal 4 al 12%, già integralmente azzerati per effetto dell’entrata in vigore dell’EPA. Inoltre, considerato che, per molti beni, i dazi giapponesi erano già a 0%, le tariffe sono ora eliminate in settori in cui l’UE è altamente competitiva, quali sostanze chimiche, plastiche e cosmetici.

Nell’immediato, il settore più interessato dal nuovo accordo è quello agroalimentare. Le indicazioni geografiche italiane possono essere registrate con le stesse procedure e gli stessi criteri adottati per i prodotti giapponesi, beneficiando della stessa tutela. Attualmente, i prodotti italiani tutelati sono 45 (delle 205 indicazioni geografiche europee), in gran parte vini e formaggi. A differenza dell’accordo con il Canada, tuttavia, non si tratta di una lista chiusa di prodotti tutelati, con la possibilità di intervenire e ampliarla con altre produzioni tipiche locali.’

 

Lei cosa consiglierebbe alle imprese che volessero incrementare il loro export con il Giappone?

 

‘ Consiglio di seguire la procedura: devono registrarsi nel sistema REX (Registered Exporter System) gestito dall’Agenzia delle Dogane. Possono poi rilasciare su fattura la dichiarazione di origine preferenziale del prodotto. Per accedere ai vantaggi dell’Epa non sono più necessari gravosi adempimenti procedurali e documentali.

E’ lo stesso accordo a stabilire, in un apposito capitolo, le regole di origine che devono essere soddisfatte affinché un prodotto possa essere considerato “originario” di un paese e beneficiare, di conseguenza, del trattamento preferenziale. In generale, la merce dovrà essere prevalentemente prodotta nel paese di origine o aver raggiunto un coefficiente minimo di “lavorazione sufficiente”, purché non consistente in operazioni di mera etichettatura, confezionamento o verniciatura.’