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L’Alcatraz messicano è stato chiuso e riconvertito in un’isola per bambini
Nell’Isla Maria vivevano quasi 8000 detenuti tra squali, serpenti e ragni velenosi
All’ingresso del super penitenziario messicano, la Colonia Penale Isla Maria, una delle ultime Alcatraz fino a qualche giorno fa si leggeva un cartello rivolto ai nuovi prigionieri che suonava più o meno così:’ Benvenuti all’isola Maria, vi trovate in una zona altamente sismica, con alta probabilità di tsunami nel caso di un terremoto,assediata da uragani e fauna selvaggia. Non vi venga in mente di avvicinarvi al mare perchè è molto pericoloso e infestato da squali e nemmeno di entrare nella selva all’interno, in quanto piena di animali pericolosi come boa costrictor, vipere,serpenti di ‘cascabel’ e ragni violinisti’:
Questo luogo molto simile all’idea dell’Apocalisse è stato chiuso, dopo 114 anni, pochi giorni fa per volontà del Governo messicano. Verrà ripulito e messo in condizione di ospitare un centro ecologico e culturale per bambini.
Isla Maria, l'Alcatraz dell'america Latina
Isla Maria è un’isola sperduta nel Pacifico a oltre 100 chilometri dalle coste messicane. Solo guardandone la posizione sulla cartina si può’ capire perché era una delle poche prigioni senza sbarre e praticamente senza celle. L’ultima colonia penale dell’America Latina ancora in funzione.
Ma in tutti gli anni della sua esistenza come luogo di detenzione non si ricorda nessun caso di fuga riuscito, alla Papillon per intenderci. Gli ultimi 600 prigionieri che ancora risiedevano sono stati trasferiti in una colonia penale, più umana, sulla terraferma, a Coahuila.
I guardiani vivevano praticamente in quasi completo isolamento insieme ai detenuti. Unica differenza tra i due gruppi era che i primi potevano lasciare l’isola per la terraferma 10 giorni ogni due mesi con un viaggio di oltre 8 ore.
Isla Maria, l'Alcatraz dell'America Latina. Tra squali, serpenti e ragni velenosi
Senza copertura telefonica e tantomeno internet si poteva vivere senza nemmeno sapere che giorno della settimana si stava vivendo.
Nato nel 1905 come campo di lavori forzati per delinquenti comuni e centro di tortura per oppositori del Governo venne convertito nel 1971 in un carcere federale.
Quattro realtà carcerarie disseminate nell’isola, una cucina, un’infermeria e una palestra costruita dagli stessi detenuti con pesi di cemento e tubi metallici. Completavano gli spazi di ‘intrattenimento’ una carpenteria, un orto per coltivare pomodori, una salina e a 15 minuti di macchina un ospedale, unico nell’isola.
Nessuno è mai scappato dall’isola, ma qualcuno ci ha provato.
Nel 2011 la Marina intercettò una zattera con sei prigionieri che tentavano di scappare sullo stile ‘Papillon’ dall’Isola del Diavolo nella Guyana francese nel 1941.
Un’altra fuga finì in tragedia con una guardia uccisa e sette detenuti feriti gravi. Il colpevole morì a causa delle ustioni ricevute durante la fuga.
Tutti comunque protestavano per le condizioni disumane della prigione che nei picchi di massima occupazione era arrivata ad accoglie circa 8000 prigionieri.
Il Governo dopo la chiusura ha promesso che convertirà Isla Maria in un luogo culturale ed ecologico dove, secondo quanto detto dal Presidente messicano, si potranno organizzare visite e campeggi per giovani.
Il nuovo murale che appare ora all’ingresso rappresenta il Presidente del Messico, Lopez Obrador che, dipinto come il Salvatore a braccia aperte, conferma che ‘è straordinario e simbolico che questo luogo possa essere convertito in un’isola per i bambini’.
Sicuramente una bella cosa anche se nelle case vuote, nelle vie deserte, negli spazi comuni rimarranno le anime di tutti quei disperati che sono passati e morti in una delle carceri più dure di tutta l’America Latina.