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Philippa Gregory torna con "La guaritrice"
La regina del romanzo storico torna con una storia di stregoneria, pregiudizi e amore
Chi attendeva con impazienza un nuovo libro firmato dalla regina del romanzo storico non potrà che restare soddisfatto. Dopo le serie sui Tudor e sulla Guerra delle due Rose, Philippa Gregory lancia la Saga delle Tidelands.
La guaritrice, uscito di recente in Italia per Sperling & Kupfer, è il primo volume che inaugura una nuova avventura ambientata nell’Inghilterra di metà Seicento, più precisamente nel Sussex, terra d’origine dell’autrice. Le Tidelands, come lei stessa le descrive, sono “per metà marea, per metà terra e si estendono a ovest fino alla New Forest e a est fino alle bianche scogliere”; un luogo estremamente povero nel XVII secolo, dove la principale fonte di sostentamento era la pesca e la mentalità appariva tra le più bigotte dell’intero continente. È qui che vive Alinor Reekie, una bella donna con doti inconsuete di guaritrice e levatrice; conosce le erbe della Sealsea Island una ad una, sa come preparare rimedi contro le malattie, forse ha persino ereditato dalla madre e dalla nonna il dono della preveggenza, ma deve stare bene attenta a non parlare con nessuno di qualunque cosa possa essere associata alla stregoneria. Per una madre con due bambini sola, abbandonata da un marito sparito dall’oggi al domani, senza una licenza ufficiale di levatrice, oltretutto troppo affascinante per non suscitare le gelosie del piccolo paese in cui vive, il passo da guaritrice a strega è breve ed Alinor sa che non dovrà mai superarlo.
Le sue giornate sono scandite dal duro lavoro nei campi, al mulino e nelle case della misera comunità, fino a quando, nella notte del solstizio d’estate, incontra un forestiero alla ricerca di un riparo. Le dice di chiamarsi James Summer e di essere il precettore del signorino Walter, erede dell’aristocratico Sir William Peachey. È il giugno del 1648 ed Alinor è una donna semplice che non si intende di politica, tuttavia sa ragionare con la propria testa, è acuta, perciò comprende subito che quel religioso ha qualcosa da nascondere. Solo in seguito scoprirà che serve la causa di re Carlo, imprigionato sull’isola di Wight dopo anni di malcontento e guerre capitate dal condottiero inglese Oliver Cromwell; quella notte Alinor sa soltanto che un bellissimo giovane ha bisogno del suo aiuto e lei non glielo negherà.
Inizia così una saga destinata a divenire un’altra opera di grande valore nel panorama della letteratura inglese, ambientata nel periodo di Carlo I Stuart, la cui reggenza fu travagliata e discussa al punto tale da portare a lotte civili e infine alla sua decapitazione nel 1649. Come sempre, Philippa Gregory maneggia la materia storica con grande talento, intrecciando in questo caso una vicenda inventata con i fatti di un Paese, l’Inghilterra, che è sempre stato al centro dei suoi interessi. Chi ha già letto altri romanzi dell’autrice non resterà affatto deluso da questo nuovo inizio, perché La guaritrice è una delle sue prove migliori. Per la prima volta, la Gregory abbandona il sentiero ben noto di regine e principesse per avventurarsi nel mondo reale, quello della gente comune troppo spesso taciuta, dimenticata, nonostante abbia avuto un ruolo rilevante nell’evolversi della società, attraverso quotidiane conquiste.
Scrive la Gregory nelle pagine finali: “Ciò che mi interessa da storica è come i patrimoni di ogni famiglia riflettano nel loro piccolo le fortune della nazione. Siamo tutti prodotti della storia sia nazionale sia famigliare. Ciò che mi interessa da femminista è come questi patrimoni siano stati avviati da donne spesso in modo invisibile. Ciò che mi interessa da narratrice è sapere se si può scrivere una storia romanzata che racconta una verità storica: come era il mondo e la nazione in quel tempo, cosa pensavano, facevano e provavano gli individui e come erano avvenuti i cambiamenti”.
Ne esce fuori un ritratto costituito da personaggi così verosimili da sembrare, per l’appunto, realmente esistiti; da una parte essi rappresentano una tipica comunità povera e fortemente puritana dell’Inghilterra seicentesca, dall’altra partecipano – ciascuno a proprio modo – alla vita politica, permettendoci di conoscere un’epoca poco raccontata fino ad oggi. Su tutti emergono le figure di Alinor Reekie, di sua figlia Alys e di James Summer, nome di copertura usato da un uomo che combatte fino all’ultimo delle sue forze per la causa papista e monarchica, andando così incontro a una tremenda delusione. La storia d’amore che sboccia e fiorisce tra James ed Alinor è passionale, struggente, piena di una continua attesa che tiene il lettore sulle spine, fatta di alti e bassi e inevitabilmente soggetta a ciò che la differenza di ceto, di estrazione culturale e di condizione – nonché di sesso – determina. Così, non è il classico lieto fine quello a cui punta la Gregory, quanto piuttosto la vittoria di una donna coraggiosa e diversa da tutte le altre sulle accuse di stregoneria, sulle maldicenze delle comari, sull’invidia, sulla povertà e persino sul genere maschile.
“Alinor è una donna così. All’apparenza, che è tutto ciò che James alla fine riesce a scorgere, è in una condizione disperata. Il meglio che può sperare è sopravvivere senza cadere in povertà in un periodo nel quale i poveri morivano di fame e indigenza – racconta ancora la Gregory a proposito della sua protagonista – Benché povera e disonorata, Alinor è interessante per sé stessa: ha speranze, ambizioni, non è fatalista e pianifica un futuro migliore (…). In un periodo in cui le donne non contavano niente, lei si teneva in considerazione. È, anche se solo per sé stessa, un’eroina”.
Con uno stile piacevole e intrigante, ricco di descrizioni suggestive delle Tidelands inglesi e dei loro dintorni, Philippa Gregory ci porta per mano dentro a un mondo di processi alle streghe, rivolte, amori impossibili, colpi di scena e fughe rocambolesche da cui, una volta conclusa la lettura, è davvero difficile separarsi. Non resta quindi che attendere il seguito…