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“Il continente bianco” di Andrea Tarabbia: la recensione
Nella dozzina del Premio Strega 2023 un romanzo sui fenomeni del neofascismo
A partire dall’opera L’odore del sangue, Andrea Tarabbia dà vita a qualcosa di nuovo, contemporaneo e inquietante. Il suo romanzo edito da Bollati Boringhieri è tra gli esperimenti più interessanti della dozzina del Premio Strega 2023.
L’odore del sangue, romanzo scritto alla fine degli anni Settanta da Goffredo Parise, è l’opera da cui Andrea Tarabbia prende spunto per dare vita a qualcosa di nuovo e originale: un racconto perfettamente calato nella nostra epoca, il cui protagonista è il cosiddetto Continente Bianco. Si tratta di un’organizzazione parzialmente strutturata di stampo neofascista, costituita prevalentemente da italiani in attesa di una guerra imminente, imbevuti di valori ormai obsoleti, eppure ai loro occhi capaci di riportare equilibrio ed equità in un mondo allo sbando. Il libro arrivato nella dozzina del Premio Strega 2023, Il continente bianco per l’appunto, è stato pubblicato da Bollati Boringhieri e rappresenta senza dubbio uno degli esperimenti più interessanti del panorama letterario contemporaneo. La storia è raccontata in prima persona dallo stesso Andrea Tarabbia, il quale si cala nel proprio libro come un protagonista a tutti gli effetti e al contempo un osservatore: al lettore trasmette non soltanto ciò a cui assiste – ovviamente attraverso un riuscito escamotage narrativo che fa sembrare il tutto alquanto realistico e autobiografico – ma anche ciò che sente e vive in prima persona. Perché entrare in contatto con realtà del genere, se lo si fa con cognizione di causa e senza pregiudizi, significa mettere in discussione un intero sistema valoriale, sforzarsi di vedere il mondo da un punto di vista diverso, magari prendere in considerazione visioni della vita all’apparenza estreme, eppure non surreali.
Proprio questa è la forza di un romanzo intrigante, interessante, ben congegnato e ricchissimo di rimandi letterari da scovare tra le pagine. Sebbene tratti un argomento spinoso e dibattuto, nonostante si arrischi in terreni di scontro al limite del politically correct, Tarabbia non assume mai una posizione giudicante e distaccata; al contrario, riesce a entrare nella mentalità dei suoi personaggi rendendoli reali, umani persino nelle loro idee folli, sensati in determinati ragionamenti. Cosicché il lettore si ritrova a porsi molte domande, a darsi delle risposte, ad analizzare la società in cui viviamo da un luogo di osservazione alternativo, che consente di vedere molto altro rispetto a quanto siamo abituati a percepire. In particolare, alcuni discorsi che maturano all’interno del gruppo del Continente Bianco brillano per una lucidità, un’esattezza e una verità strabilianti, consegnando a chi sfoglia le pagine la nuda realtà dei fatti togliendo il velo dell’ipocrisia. Ciò che si scopre non è entusiasmante e anzi suscita preoccupazione, ma è reale più di tante parole vuote dette da politici o ben pensanti.
“L’Italia è uno Stato democratico imposto con la forza a una nazione intimamente fascista. Tenetelo sempre bene a mente: la sconfitta del fascismo, poiché che ci sia stata una sconfitta non può essere negato, è stata militare, non politica. Il fascismo è stato eliminato a forza di legge, ma è radicato nelle famiglie italiane, nella loro natura più intima e più profonda (…). Tutti abbiamo provato e proviamo quella rabbia, quel senso di vuoto che prova chi ha subito un’ingiustizia. Allora andate nelle case degli italiani, osservateli, ponete loro la domanda più semplice: “Siete felici?” Vi risponderanno che non lo sono, che sentono una rabbia repressa, un senso di vuoto… ebbene: sono la rabbia e il vuoto che proviamo tutti quanti noi”.
Parole forti, provocatorie, che l’autore mette in bocca a uno dei leader del movimento, ma leggendole non si può pensare a quanta verità taciuta contengano; non si può quindi restare indifferenti e continuare la propria vita senza squarciare un velo su ciò che ci circonda e sulla deriva che la nostra società sta prendendo. Di spunti così diretti, chiari, rivelatori il libro è pieno, ed è per questo che ne consigliamo senza dubbio la lettura. Non risulta peraltro mai pesante, in quanto la storia si sviluppa attraverso una trama avvincente, incentrata attorno alla figura carismatica e al contempo complessa di Marcello Croce. Bello, biondo, un Cristo fatto uomo, il protagonista maschile di questa storia è in grado di attrarre e ammaliare chiunque: dalla donna borghese con cui va a letto e che manipola completamente allo stesso Tarabbia – affascinato da questo ragazzo duro e puro al punto da seguirlo sin dentro le oscurità del Continente Bianco –, fino alle molte persone che ruotano attorno a lui per ricevere ordini o istruzioni. Va poi considerato il lettore stesso, che inevitabilmente finisce per sentirsi quantomeno incuriosito e intrigato da un personaggio tanto ben scolpito. Marcello non è monolitico, è un cattivo che riesce ad essere dolce nella crudeltà, è un duro che soffre di crisi epilettiche, è un idealista che non esita a ricorrere all’assassinio per perseguire i propri scopi. La sua natura contradditoria è tale per cui sino alla fine ci si appassiona alle sue vicende e a quelle di tutte le pedine che ruotano attorno alla sua luce brillante.
“Vedi, tutti pensano che quello in cui noi crediamo sia intriso di odio e violenza: e ci sono, ci sono entrambi, non lo nego (…); però non c’è solo questo, non c’è soltanto distruzione; c’è amore, anche, e c’è bellezza; il fascismo è una forma d’amore, l’avresti mai detto? Non solo: è una delle forme più pure dell’amore, perché traccia dei confini, dice di un’appartenenza a una comunità, costruisce un nido e vi accoglie tutti coloro che si somigliano. Che cosa c’è di più bello e di più grande e di più familiare e nostro di tutto questo?”
Eccola la riflessione di Marcello Croce nelle pagine finali del libro, e a nostro parere costituisce già di per sé un biglietto da visita notevole per rivolgere la propria attenzione a Il continente bianco di Andrea Tarabbia, dedicandogli un’accurata lettura.