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Il fiume della vita. Una storia interiore, di Eugenio Borgna

Il fiume della vita. Una storia interiore, di Eugenio Borgna

Prima di scrivere sulla “esperienza interiore” - come l’ha definita e vissuta Georges Bataille - di Eugenio Borgna “Il fiume della vita. Una storia interiore” per i tipi di Feltrinelli (2020), ho indugiato a lungo sia per la statura dell’Autore sia per il sensibile argomento che concerne i vissuti dei pazienti.

Parlare di Eugenio Borgna e perciò, del libro in questione, significa soffermarsi su una miriade di storie di pazienti raccolte anche in numerose precedenti pubblicazioni dallo stesso Borgna: ne ho lette un ampio ventaglio e attraverso le sue parole ho conosciuto la persona poiché i libri parlano, offrono le loro vite a discrezione del lettore. In ogni libro c’è filosofia, ha asserito Camus, e la filosofia che trasuda in ogni pagina è “filosofia della vita”. 

Leggere “Il fiume della vita” è come bagnarsi a una fonte sempre fresca che scorre tra i classici e i contemporanei nel tempo che appartiene all’esistenza, non quello dell’orologio, e ricordarsi che “non si può vivere senza attese, e senza speranza, ma anche senza nostalgia: senza ripercorrere i sentieri che ci hanno portato verso il passato, verso i paesaggi dell’anima, verso gli umbratili orizzonti dei ricordi che danno un senso alla vita: cosa mai sarebbe questa senza la nostalgia che riunisce e recupera passato, presente e futuro?” (“Il tempo e la vita”, 2015). La nostalgia è il filo conduttore di tutti gli scritti del professore Eugenio Borgna. Si tratta di un sentimento in cui crede fortemente, avendolo vissuto nelle varie fasi della vita quali l’infanzia, l’adolescenza sino alla vecchiaia e lo racconta in questa nuova Erleben de “Il fiume della vita”: in fondo siamo ciò che ricordiamo. La particolarità dello psichiatra Borgna consiste nella singolarità di intrecciare poesia e filosofia alla medicina, di ascoltare i pazienti e parlare a loro attraverso i grandi poeti e filosofi. Un’idea, un progetto nel quale ho creduto e credo ancora, ma rimasto inascoltato.

Nel ricordo del passato, nella sofferenza di un’infanzia e adolescenza vissute tra le paure della guerra e l’invasione dei tedeschi, Eugenio Borgna è in costante dialogo sia con se stesso e sia con l’altro. Infatti, la comunicazione risulta essenziale, così come è indispensabile aver cura e responsabilità nel comunicarlo (“Le parole ci salvano”, 2017). D’altro canto, il dialogo è imprescindibile anche nella relazione medico-paziente quanto i momenti che lo caratterizzano: ascolto e silenzio. Ogni dialogo – si legge in un’altra opera di Borgna, “L’indicibile tenerezza” - si rivela nella sua radicalità solo se il linguaggio delle parole si intreccia al linguaggio del corpo vivente e a quello del silenzio. Soltanto in tal modo, aggiunge: “si riesce a mettersi in contatto con i luoghi segreti del cuore dal quale rinascono le sorgenti della fiducia e delle attese, della speranza e dell’ascolto” (p. 115). E a proposito della “speranza” ne “L’arcobaleno sul ruscello” (2018) descrive “la speranza come un ponte che si innalza al di sopra di ogni situazione, anche delle situazioni che sembrano essere senza via di uscita” (p. 37), nello specifico riprende la metafora di Maria Zambrano, e tale “ponte” è una risorsa valida per liberarsi dalla solitudine, per generare per l’appunto relazioni reciproche. Il ponte collega, unisce, ha argomentato un geniale “filosofo della modernità” (Simmel).

Le storie de “Il fiume della vita” e gli altri scritti sono un esempio di coerenza, emblema di una fiduciosa e delicata presenza anche quando l’Autore fa riferimento alle esperienze in manicomio: racconta il suo lavoro di psichiatra con “indicibile tenerezza”, attento a non offendere dignità già ferite dal vissuto. Narra l’esperienza del dolore, dell’angoscia riprendendo Leopardi, Nietzsche, Arendt, Weil, Hölderlin, o Rilke, ma anche Sergio Corazzini, e tanti altri. Si preoccupa per di più di evidenziare ciò che è già ben tracciato nei suoi testi: l’importanza di umanizzare il dramma della follia, della depressione, la solitudine, la nostalgia della morte che non devono essere elogiate - evidenzia Borgna - ma riconosciute nella loro umanità e dignità. E infatti, si legge ne “L’indicibile tenerezza” (2013): “del dolore che è alla soglia della follia, del dolore dell’anima, la psichiatria tende facilmente a dimenticarsi, e così il mondo della follia diviene ancora più sconosciuto, e ancora più lontano dalla nostra coscienza; ma è necessario rimediare senza fine le infinite esperienze del dolore che possono sommergere ciascuno di noi in forme imprevedibili” (p. 111).

E dunque, non c’è conoscenza senza sofferenza, quella che ha vissuto Eugenio Borgna, anche attraverso l’interazione con i suoi pazienti, narrata nel racconto di sé ne “Il fiume della vita” e quella vissuta anche da Nietzsche che proprio attraverso il dolore ci ha consegnato libri di una bellezza indicibile, ha conosciuto se stesso, così come Sant’Agostino che l’Autore riprende giustappunto nelle prime pagine. È indubbio che il testo in questione sia una sorta di “confessione”, di narrazione del sé, di un colloquio con se stesso che si può riscontrare nelle “Confessioni” di Sant’Agostino, ma anche nelle “Confessioni” di Rousseau: una presa di coscienza, una rimembranza  di ciò che è stato, e in particolare, “Il fiume della vita” vuole essere il manifesto di ciò che è l’uomo, di ciò che potrebbe diventare se non pratica il “dialogo”, l’“ascolto”, il “silenzio”. Questo il fil rouge della vita e al contempo, dell’esperienza medica di Eugenio Borgna. 

In definitiva, “conoscersi, saper sfuggire al fascino stregato del presente, alla distrazione, alla noncuranza dell’oggi, alla banale quotidianità della vita, e recuperare il passato, che i ricordi fanno rivivere, dando un senso al trascorrere febbrile e fatale degli anni: questi sono gli orizzonti tematici della poesia dalla quale rinasce ancora una volta la funzione redentrice dei ricordi. La memoria ne è l’archivio, ma come dice sant’Agostino, la speranza non è se non la memoria del futuro, e allora intrecciandosi l’una all’altra il fiume della vita scorre senza fine” (p. 183), e con queste preziose parole certamente il lettore raggiungerà “la climax” di ascolto, si spera, e non di indifferenza.

         

Grazie a Eugenio Borgna. Grazie all’uomo-medico-filosofo.                

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