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Rai, il faraone Salini pronto a scatenare le 10 piaghe d'Egitto sui leghisti?

Marco Zonetti

Atmosfera lugubre nei corridoi di Viale Mazzini per il ritorno dell'Ad e per il terrore del repulisti dei personaggi in quota Carroccio

Palazzo della Rai di Roma, lunedì 2 settembre 2019. Un'atmosfera cupa e mesta regna nei corridoi di Viale Mazzini. L'ad Fabrizio "Yul Brynner" Salini è tornato dalle vacanze e, come il suo sosia Faraone Ramsete II nel film I Dieci Comandamenti, sembrerebbe pronto a scatenare la sua "ira funesta" sui personaggi in quota Carroccio assunti, promossi o miracolati dalla "Rai del Cambiamento" nata con il governo Lega-M5s e oggi moribonda.

Ora che il M5s, salvo rivolgimenti dell'ultim'ora, sta per consolidare l'alleanza di Governo con il Pd e il Carroccio si è autoescluso dai giochi con la crisi innescata da Matteo Salvini, è indubbio che i dem si siano del tutto ringalluzziti, convinti di tornare in auge mentre i leghisti rabbrividiscono al pensiero di dover perdere terreno, potere e privilegi. Viale Mazzini, dicevamo, è caratterizzato oggi dalla classica quiete prima della tempesta e le stanze, le gallerie e la stessa boiserie sembrano pervase da una calma spettrale e da un silenzio elettrico, scosso da invisibili scintille. 

La lista, anzi il "papiro" nero del faraone Salini, fregiato da nomi e cognomi degli "epurabili" e dei "sacrificandi" fa paura, e lo stesso Cavallo della Rai pare tremare in questa giornata di tuoni e pioggia di fine estate. In una suspense hitchcockiana, funzionari, dirigenti, autori, conduttori e soprattutto direttori di rete e di testate giornalistiche in quota Lega si muovono ricurvi come ombre che camminano, dead men walking in quello che potrebbe essere il loro braccio della morte televisiva. Il fatto che, a differenza di quanto trapelato in precedenza, il Faraone non abbia incontrato gli autori dei programmi di tutto il daytime di Rai1 ma soltanto la direttrice Teresa De Santis getta una luce ancor più livida sulla situazione generale e sul fato della funzionaria. 

La sola, disperata, speranza dei "leghisti" di Viale Mazzini è che il governo M5s-Pd salti, magari grazie a un voto negativo sulla piattaforma Rousseau, e che si torni alle Urne con la vittoria (certa) di Matteo Salvini, visto che è quasi da escludersi una replica dell'avventura giallo-verde. Ma è una speranza flebile. 

Il ritorno al voto, d'altra parte, decimerebbe i grillini e metterebbe a serio rischio i dem, e lo stesso "faraone" Salini, abile espressione congiunta dei primi e dei secondi, potrebbe come il suo emulo cinematografico essere inghiottito dai marosi assassini di uno tsunami leghista uscito da eventuali elezioni.

Ma per ora il bastone del comando è saldamente in mano sua, e - nel caso in cui si calmassero le acque politiche con un "volemose bbene" tra pentastellati e piddini - a quel punto egli non avrebbe più ostacoli e sarebbe vincitore assoluto della sotterranea guerra di logoramento che si è combattuta tra Lega e M5s in questi mesi, e che l'ha visto contrastare il presidente Marcello Foa e la già citata direttrice di Rai1 Teresa De Santis. Quest'ultima si è già tempestivamente affidata alle amiche braccia del membro della Vigilanza Salvatore Margiotta del Pd e del potentissimo e ubiquo Vincenzo Spadafora, responsabile Rai per il M5s e forse prossimo Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Riusciranno questi ultimi a garantire alla Teresa nazionale il mantenimento della poltrona di direttrice nel caso di uno scellerato patto tra i nemici di sempre Pd e M5s? Vedremo.

Intanto, simile a una divinità delle tenebre egizia, nel lugubre e mortifero silenzio dei corridoi di Viale Mazzini, il Faraone Salini attende favorevoli risvolti politici per agire e avviare le procedure necessarie a ridimensionare - cancellare? - il potere leghista in Rai. E il minaccioso grido di guerra "niente prigionieri" pare sarà la sua spietata linea di condotta.