Medicina

ACUFENE: una parola difficile per un disturbo complesso e ‘misterioso’

Daniele Rosa

Il ‘rumore fantasma’ alle orecchie che può’, nei casi gravi, portare al suicidio.

Probabilmente non sarà diffuso come altra patologie, ma l’Acufene è un disturbo che non va sottovalutato. Per capire meglio le cause e terapie abbiamo chiesto ad un esperto, il professore Guido Conti, Audiologo e docente dell'Università Cattolica, operante presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli – IRCCS di Roma.

 

Oltre il 20% della popolazione si è chiesto, almeno una volta, da dove arrivi quel fastidioso rumore che si avverte negli orecchi o nella testa. Un rumore che sembra assai reale anche se tutto intorno c’è silenzio.

 

A volte è un suono forte, altre volte debole, grave o acuto, simile ad un sibilo, un fischio, un soffio ma, indipendentemente dai caratteri sonori, si presenta in modo inspiegabile.

Acufene, il rumore fantasma nelle orecchie, ora, si puo' curare

E’ il fastidiosissimo ‘acufene’: una sensazione sonora percepita in assenza di uno stimolo ambientale che la giustifichi. Chi lo avverte ne soffre da solo perché nessun altro attorno a lui lo percepisce.

 

Esistono due diverse tipologie di acufene e si differenziano per la veridicità del suono percepito. Gli ‘acufeni oggettivi’, meno comuni, sono determinati da un vero fenomeno sonoro generato nel corpo del soggetto affetto dal disturbo, come ad esempio un soffio od una pulsazione vascolare od una contrazione muscolare.

 

Gli acufeni propriamente detti sono quelli “soggettivi”, avvertiti dal paziente in assenza di alcun fenomeno sonoro interno o ambientale, sensazioni sonore “fantasma”, vere e proprie allucinazioni uditive elementari.

 

Il professore Guido Conti, Audiologo e docente dell'Università Cattolica, in servizio presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli – IRCCS di Roma, nonché referente di Widex, leader nella produzione di apparecchi acustici, spiega che si tratta di un fenomeno piuttosto comune: “ Fino al 20% della popolazione generale ha sperimentato almeno una volta nella vita un acufene della durata anche di alcuni minuti, anche se spesso dura più a lungo e si cronicizza. La sensazione scatenata può variare dalla semplice curiosità verso un suono estraneo fino a condizioni, fortunatamente non comuni, di estrema gravità, di seria compromissione della qualità della vita. La gravità clinica degli acufeni è spesso legata, non tanto alla loro rilevanza percettiva (durata, intensità etc.), quanto alle cosiddette “reazioni”, ad aspetti affettivi, psicologici e psichiatrici, all’interferenza coi ritmi sonno-veglia, ai fenomeni neuro-vegetativi che, in casi estremi ma reali, possono condurre anche a propositi suicidi. Una volta seguita la diagnosi è necessario valutare la presenza di eventuali disturbi correlati all’acufene, le cosiddette ‘reazioni’: insonnia, alterazione del bioritmo sonno-veglia, psicosi, depressione, disturbi affettivi, fino ai pensieri suicidi, presenti nel 10% delle persone e che purtroppo talvolta portano ad esiti oltremodo tragici. Il più delle volte, infatti, è in base all’entità delle ‘reazioni’ che si misura la gravità di un acufene.

Acufene, il rumore fantasma nelle orecchie ,ora, si può curare

 

Gli acufeni non risparmiano nessuna età, anche se sono più comuni negli adulti e negli anziani, anche perché il trascorrere degli anni aumenta la probabilità di avere un danno del sistema uditivo, che certamente favorisce l’insorgenza degli acufeni. Se la prevalenza degli acufeni può essere anche del 10% tra coloro che hanno un udito normale, si arriva a valori anche superiori al 30% in presenza di un’ipoacusia o sordità, la più comune ed importante disfunzione uditiva.

L’ipoacusia e gli acufeni possono essere sostenuti da innumerevoli affezioni del sistema uditivo, dal trauma acustico (voluttuario o prefessionale), alla tossicità da farmaci, da affezioni ereditarie a malattie neuro-degenerative o anche oncologiche. Per questo motivo gli acufeni devono essere considerati innanzitutto un sintomo da studiare con un’adeguata valutazione audiologica, per la diagnosi clinica.”

 

 

Continua il prof. Conti: “Riguardo alla terapia si capisce che si deve innanzitutto considerare, quando è possibile, quella dell’affezione che si riconosca dietro il sintomo “acufene”. Questo vale per le eventuali cure mediche e/o chirurgiche, ma anche per il trattamento riabilitativo (con le protesiche acustiche convenzionali o impiantabili, in particolare gli impianti cocleari), nei casi in cui è presente un’ipoacusia. L’impiego dei sussidi protesici può portare infatti ad attenuazione/abolizione degli acufeni in percentuali che arrivano 60-70% dei casi. La terapia sintomatica degli acufeni non riconosce agenti esclusivi e si basa su un approccio essenzialmente empirico, in cui farmaci diversi (anti-infiammatori, benzodiazepine, anti-epilettici etc.) sostanzialmente si equivalgono nelle probabilità di successo, in genere prossime al 20% dei casi. Da vari anni si è dimostrato efficace il trattamento riabilitativo, rivolto a mitigare la rilevanza percettiva ed affettiva e la conseguente disabilità derivata degli acufeni. Oltre al corretto inquadramento diagnostico ed alla completa informazione del paziente sulla natura del disturbo, la riabilitazione sfrutta la “suonoterapia” che prevede il contrasto/competizione tra il “suono fantasma” ed una sonorità esterna, magari con caratteri rilassanti (sonorità naturali, musica Zen etc.), se necessario in abbinamento alla protesizzazione acustica e con risultati spesso sorprendentemente efficaci. Si usa dire che il paziente con acufeni deve “evitare il silenzio”. E, considerando tutto quanto detto, non si dovrebbe più affermare, invece, “deve rassegnarsi: per gli acufeni non si può fare nulla, si tenga il fischio”.