Alzheimer, nuova tecnica per la diagnosi del rischio e nuove terapie
Per diagnosticare il rischio di Alzheimer basteranno una Pet (tomografia a emissione di positroni) e una puntura lombare
Per diagnosticare il rischio di Alzheimer basteranno una Pet (tomografia a emissione di positroni) e una puntura lombare. La nuova tecnica diagnostica rileva l'accumulo di beta-amiloide, proteina che aggredisce i neuroni causandone la degenerazione, sia a livello cerebrale sia nel liquido cerebrospinale. Questa e' una delle novita' che saranno presentate nel convegno NeuroMi in corso all'Universita' di Milano-Bicocca a partire da oggi fino a venerdi'.
Grazie alla combinazione di Pet e puntura lombare, si delinea la possibilita' di prevedere quali siano gli individui a rischio demenza prima della comparsa dei segni clinici, quando la funzione cognitiva e' ancora normale o ne e' stato rilevato solo un lieve deterioramento. Recenti studi hanno infatti dimostrato che l'accumulo della proteina beta-amiloide, che innesca i successivi processi neurodegenerativi, avviene anche decenni prima della comparsa di demenza. Accumulandosi nel cervello, si riduce nel liquido cerebrospinale, dove se ne possono determinarne le concentrazioni mediante puntura lombare.
Ma l'innovazione non si ferma alla diagnosi. Sul fronte della cura, nel convegno NeuroMi saranno presentate terapie sperimentali che attualmente coinvolgono pazienti in stadio preclinico o con i primi sintomi, ai quali sono state somministrate molecole che determinano una riduzione della produzione di beta-amiloide o, in alternativa, anticorpi capaci addirittura di determinare la progressiva scomparsa di beta-amiloide gia' presente nel tessuto cerebrale. Questi anticorpi, prodotti in laboratorio e somministrati sottocute o endovena, sono in grado in parte di penetrare nel cervello e rimuovere la proteina, in parte di facilitare il passaggio della proteina dal cervello al sangue, con successiva eliminazione. "La nostra grande speranza e' che nei prossimi anni la diagnosi di malattia di Alzheimer non sia una sentenza inesorabile di una patologia devastante e progressiva, ma la comunicazione di un possibile rischio, a cui si puo' far fronte con nuove terapie, attualmente in fase sperimentale", ha detto Carlo Ferrarese, direttore scientifico di NeuroMi e presidente del congresso.