Uno studio svela il ruolo dei neutrofili nel tumore alla tiroide.
L'indagine è stata condotta da una ricercatrice del Cisi della Federico II, rientrata all'ateneo napoletano dopo un periodo di formazione in Italia e all'estero
E’ stato svelato il ruolo dei neutrofili nel tumore alla tiroide: possono essere impiegati in fase diagnostica come biomarcatori di malattia, possono fornire informazioni aggiuntive nella caratterizzazione di un tumore asportato e possono rappresentare un importante target terapeutico nell'ambito delle terapie che agiscono sul sistema immunitario. Lo studio, pubblicato sulla rivista internazionale NCBI National Center for Biotechnology Information, è stato condotto da una ricercatrice del Centro Interdipartimentale Cisi della Federico II, Maria Rosaria Galdiero, rientrata all'ateneo napoletano dopo un periodo di formazione in Italia e all'estero. Richiamata al’ateneo federiciano II dopo un periodo di collaborazioni a Milano e un dottorato di ricerca presso la Humanitas University, la giovane ricercatrice ha da subito dato conferma del proprio valore, impegnandosi nell’identificare dei biomarcatori immunologici cellulari e potenzialmente dei target cellulari nella terapia dei tumori alla tiroide.
“Il lavoro riguarda una problematica di ampia rilevanza clinica a livello nazionale internazionale, ovvero il tumore della tiroide, il più frequente tumore del sistema endocrino con un'incidenza in continuo aumento in Italia”, sottolinea Gianni Marone, docente emerito federiciano tra i fondatori Cisi. “La ricerca è stata condotta presso il centro interdipartimentale Cisi della Federico II che, inaugurato nel giugno 2017, è stato riconosciuto come centro di eccellenza in Italia, World Allergy Organization (WAO), l'organizzazione mondiale che raggruppa tutte le società di Immunologia clinica ed Allergologia nel mondo e accredita, sulla base di criteri clinici, didattici e di ricerca, dei Centri di Eccellenza”.
I risultati dello studio hanno dimostrato che le cellule tumorali producono dei fattori che richiamano i neutrofili nel tumore, li attivano, ne aumentano la sopravvivenza, ne modificano la morfologia e le proprietà cinetiche, inducono la produzione di radicali liberi dell'ossigeno ed altre sostanze che possono alimentare il tumore. Inoltre, la collaborazione con la sezione di Anatomia Patologica e Citopatologia dell'AOU Federico II su l'analisi di campioni di tumore della tiroide, ha rivelato una correlazione diretta tra la percentuale di neutrofili presenti nel tumore e le dimensioni del tumore.
“Negli ultimi 10-15 anni si è compreso che il ruolo del sistema immunitario nei tumori è più ampio di quanto si pensasse. Oggi si è capito che un tumore per nascere e crescere “non basta a sé stesso” ma deve anche eludere la sorveglianza del sistema immunitario”, spiega la Galdiero. “Tuttavia, se la cellula tumorale riesce ad eludere i meccanismi di immunosorveglianza, può superare l'ultimo ostacolo e quindi diventare tumore. In molti casi le cellule tumorali possono manipolare quelle del sistema immunitario a proprio vantaggio e renderle, per usare un'espressione cara al mio maestro professore Alberto Mantovani, dei “poliziotti corrotti”: cellule che normalmente dovrebbero difenderci dai tumori ne diventano così sostenitrici. Tra queste cellule troviamo i neutrofili. Questa popolazione di globuli bianchi, che in caso di infezione è la prima a correre nella parte del nostro corpo ammalata”.
I risultati della ricerca suggeriscono, per la prima volta, un ruolo di queste cellule in fase diagnostica come biomarcatori di malattia e la valutazione delle cellule nei tumori asportati chirurgicamente può fornire informazioni aggiuntive al patologo nella caratterizzazione del tumore. “Dal punto di vista terapeutico - conclude la Galdiero- oltre alle terapie tradizionali (chirurgia, chemio e radioterapia) che hanno come obiettivo le cellule tumorali, terapie che agiscono sul sistema immunitario si stanno rivelando strategie più che promettenti e quindi anche i neutrofili in questo contesto possono rappresentare un importante target terapeutico, arricchendo ulteriormente il complesso approccio diagnostico-terapeutico al malato oncologico”.