Musica
Francesco De Gregori nelle decadi fedele. A Bob Dylan




di Raffaello Carabini
La leggenda metropolitana che serpeggia tra gli addetti ai lavori narra che il primo traduttore in italiano di Bob Dylan sia stato il "mitico" Mogol dei tempi di Lucio Battisti, il numero uno dei parolieri italiani, nonché il primo in classifica da anni per introiti come diritti d'autore. Un interprete tutt'altro che fedele, in primis perché reputa se stesso un poeta almeno altrettanto elevato dell'americano, in secundis perché pare non conosca l'inglese. Tanto che, continua la leggenda, quando a Zimmy (altro appellativo del menestrello che all'anagrafe fa Robert Zimmermann e che cambiò il suo cognome in onore del poeta "maledetto" gallese Dylan Thomas) quelle versioni vennero riproposte in inglese pare sbottasse: "this is Mogol, not me".
Un rischio che Francesco De Gregori, un dylaniano-dylanologo della prima ora, ha fatto di tutto per non correre con il suo nuovo album "De Gregori canta Bob Dylan", comprendente 11 brani del canzoniere dell'inventore del folk-rock. Tutti tradotti con rigore assoluto, senza aggiungere nulla, anzi dovendo togliere qualcosa, perché, come dice ad Affaritaliani, "l'inglese è più stringato, sintetico, con parole tronche, così vari versi non ci sono stati nella scansione musicale".
La proposta musicale di De Gregori è del tutto in linea con gli originali per la gran parte dei brani, spesso con arrangiamenti molto simili, a parte la scelta di non usare l'armonica a bocca e di rielaborarne le parti con un incrocio di tastiere e corde. Del resto "sono belle canzoni, che i giovani potrebbero riscoprire grazie alle traduzioni, del resto non è così che abbiamo scoperto anche Shakespeare..."
Infatti, a parte "Desolation Row", che tradusse liberamente insieme a Fabrizio De Andrè nel 1974 e che qui rivede, "Subterranean Homesick Blues", la più rielaborata musicalmente con una ritmica quasi rap, "I Shall Be Released" e "Sweetheart Like You", le altre prescelte sono relativamente poco note, dall'immaginifica "Dignity" all'epopea campagnola di "Tweedle Dum & Tweedle Dee", dalle "Series Of Dreams" che mai diventano realtà al peso autobiografico di "Not Dark Yet".
"Un po' la mia è stata la scelta di smarcarmi dall'ovvio", continua il Principe, opppure Ciccio, oppure il Generale, come diversamente viene soprannominato il cantautore romano in giro per l'Italia. "Non mi è venuto spontaneo andare a toccare i classici, che rischiano anche di impoverirsi. Altre mi sembrano quasi improvvisate in sala da Dylan, tanto che ho giudicato impossibile ritrovare quella spontaneità e quel mondo sonoro che i musicisti avevano in testa al momento di suonarle."
Perché lei è partito dalla musica più che dalle parole dei brani... "Con le canzoni succede sempre così. In strada se ne fischietta il ritornello, non c'è nessuno che ne declama solamente i versi. La scelta non è stata freddamente architettata. Alcune canzoni mi sono venute incontro, dicendomi "io posso essere tradotta". Altre il contrario. Altre avrei volute tradurle ma non ci sono riuscito, come "My Back Pages" con quel verso bellissimo "ero molto più vecchio allora sono molto più giovane adesso" che in inglese dice molto di più."
Il sottotitolo "Amore e furto" è lo stesso di un album di Dylan... "È uno scherzoso gioco di specchi. Lui in quel disco ha messo i brani in cui ha rubato qualcosa da altri, dichiarandolo. Io, lo affermo così magari smettono di dirlo, ho rubato molto da Dylan, persino il titolo."
Ha svolto un lavoro quasi filologico... "Per me la traduzione è sempre stata una sfida, fin da quelle dal latino del liceo. Ho lavorato sulla fedeltà, evitando a tutti i costi di metterci qualcosa di mio perché quello che voglio dire io lo dico nelle mie canzoni, senza problemi. Ho passato settimane a interrogarmi su una parola, una sillaba, a volte come in "Dignity" non ho neppure afferrato appieno tutti i significati, perché poi ogni verso deve misurarsi con la musicalità, deve suonare."
Quindi è d'accordo con coloro che propongono Dylan per il Nobel della letteratura... "No, la canzone e la letteratura sono forme artistiche molto diverse. Sarebbe come dare il premio di miglior idraulico a un falegname. Diamo a Dylan il Nobel della canzone."
De Gregori è impegnato in questi giorni in un giro di presentazione del cd nelle librerie Feltrinelli, anche perché il bel volume fotografico con dvd "Guarda che non sono io" esce in una nuova edizione arricchita di contenuti multimediali inediti dal Vivavoce Tour. Mentre sarà in concerto - "proporrò tutte e 11 queste canzoni in un blocco unico della scaletta" - a marzo in club e teatri su e giù per l'Italia.