Politica

Agenda di governo e ministeri (nomi): ecco tutte le richieste di Salvini

Alberto Maggi

Rumor: crisi ed elezioni anticipate al 60%, rimpasto al 40

L'ordine tassativo di Matteo Salvini è quello di non parlare. Né i capogruppo, né i ministri, né i sottosegretari, né i parlamentari. In queste ore delicatissime per le sorti dell'esecutivo M5S-Lega il vicepremier/ministro dell'Interno ha chiesto ai suoi il silenzio assoluto. E al momento nessuno sa esattamente come andrà a finire. Fonti qualificate della Lega affermano che entrambe le ipotesi - rimpasto di governo o elezioni in autunno - sono percorribili. E il faccia a faccia tra il premier Giuseppe Conte e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella all'ora di pranzo rende l'idea di quanto la tensione sia alta. Altre fonti leghiste parlano di un 60% di probabilità di caduta del governo ed elezioni anticipate e di 40% di possibilità per il rimpasto.

Il problema è che questa volta Salvini ha chiesto una svolta radicale, sia in termini di programma sia in termini di posti chiave all'interno della compagine governativa. Anche se nel M5S dovesse prevalere l'ala governativa e arrivasse l'ok di Luigi Di Maio alle richieste del leader del Carroccio il problema si aprirebbe in Parlamento, soprattutto a Palazzo Madama, dove alcuni pentastellati - che già hanno ingoiato il rospo del Decreto Sicurezza bis - potrebbero non votare più la fiducia e far venir meno i numeri. Per Salvini le priorità a livello programmatico sono il via libera a tutte le opere, grandi, medie e piccole, da Nord a Sud, togliendo quindi dubbi e no che finora hanno fermato le macchine.

Altro punto è la riforma della giustizia. Stracciare il progetto del Guardasigilli Alfonso Bonafede e riscrivere il testo con l'inserimento della separazione delle carriere e la responsabilità dei magistrati in caso di errore. C'è poi il via libera all'autonomia regionale per le regioni del Nord accogliendo gran parte delle richieste dei governatori Attilio Fontana e Luca Zaia. Ma il punto chiave e principale è quello della riduzione delle tasse e della legge di bilancio. Salvini lo ha detto chiaramente al termine dell'incontro dell'altro giorno con le parti sociali al Viminale, che la sua posizione e quella del ministro Giovanni Tria sono divergenti.

Il leader della Lega ha scommesso sul taglio delle imposte, la famigerata flat tax, e non intende fare passi indietro nonostante l'Europa e la richiesta di Bruxelles di non esagerare con il deficit. Due visioni opposte che difficilmente possono trovare una sintesi. Per Salvini poi di salario minimo, tanto caro ai 5 Stelle, si potrà parlare soltanto dopo aver ridotto le tasse. Congelata anche la riforma dell'acqua pubblica. A livello di poltrone i ministri pentastellati nel mirino sono Danilo Toninelli, da sostituire magari con Alessandro Morelli, Elisabetta Trenta, da rimpiazzare con il fedelissimo Raffaele Volpi, e anche il titolare dell'Ambiente Sergio Costa. Nel mirino, però, c'è anche il numero uno di Via XX Settembre Tria che la Lega potrebbe sostituire promuovendo il vice-ministro Massimo Garavaglia.

Il problema è che Tria, insieme a Moavero Milanesi, viene considerato l'uomo del Quirinale ovvero l'esponente di governo che ha la piena fiducia di Mattarella e che serve a bilanciare in Europa le spinte sovraniste del Carroccio. E i 5 Stelle? Fonti qualificate spiegano che "l'unica cosa che interessa è arrivare al 9 settembre, giorno dell'ultimo passaggio per sancire il taglio del numero dei parlamentari". Altre fonti di governo dei pentastellati affermano: "Leggiamo dai giornali di possibili crisi di governo. Il M5S è al lavoro come ogni giorno per il Paese e dunque lo è anche il capo politico, Luigi Di Maio. Chiunque oggi aprisse una crisi di governo, l'8 agosto, si assumerebbe la responsabilità di riportare in Italia un governo tecnico. Sarebbe folle".