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Politica
Barbara Alberti asfalta le neo-femministe: contro la schwa e gli stereotipi
Barbara Alberti, Elly Schlein, Geppy Cucciari

È bello, ogni tanto, ascoltare una vera femminista, una di quelle storiche per intenderci, che non sono contaminate dalle stravaganze della modernità che umiliano un dibattito in realtà assai importante. L’occasione è stata quella dell’entrata di Barbara Alberti nei fatici 80 anni, evento avvenuto ieri e per cui ha concesso una bella intervista a “Un giorno da pecora” su Rai Radio 1 a Giorgio Lauro e Geppi Cucciari. Diciamo che poi lo strumento mediatico dell’intervista radiofonica è il più efficace perché giunge direttamente all’ascoltatore senza i filtri dell’inquadratura birichina televisiva o la deformazione sempre possibile dello scritto.

L’Alberti è una donna che è stata il simbolo del femminismo combattente degli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo ed ha tutti i titoli per poter dare un giudizio critico su come si siano trasformate le lotte per i diritti civili, da grande tema sociale a misera farsa linguistica. Nell’intervista infatti l’Alberti è spietata con le nuove femministe delineando in poche righe quello che pensa.

“Non le piace un’invenzione linguistica come la ‘schwa’?, le chiede provocatoriamente la Cucciari. “È un abominio, una negazione della realtà, un qualcosa di schifoso”, gancio destro e Cucciari al tappeto per ko tecnico. “Lei ha detto che non avrebbe mai voluto essere un uomo”… “Certo. Gli uomini mi fanno pena”. Perché? “Per quella disgrazia naturale: la sessualità della donna è segreta, mentre l’uomo, da quando si accorge di averlo fino alla morte, dipende da una cosa che non è governabile, e a cui ha attribuito lo stesso valore esistenziale della persona. In questo ho una grande fortuna: orgogliosa come sono –se fossi stata un uomo, dopo i primi problemi me lo sarei tagliato”.

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