Politica

Calenda: "Meno male che Carlo c'è"

Di Giuseppe Vatinno

Calenda non sa più cosa fare per mettersi in mostra e Martina l'accoglie

 

Carlo Calenda è un personaggio topico che popola la fauna politica del Pd: è infatti da più di un anno che le prova tutte per mettersi in mostra, per comparire, per far comunque parlare di sé, manco fosse un redivivo Nanni Moretti.

Ministro dello Sviluppo Economico anomalo, perché non Pd e non deputato, miracolato da Enrico Letta e bimiracolato da Matteo Renzi, non si è rassegnato al naturale declino di chi, per caso o per necessità, si è trovato a gestire ingenti interessi politici, Corrado Passera docet.

Si è fatto allora marxista, lui turbo - capitalista che aveva per stella l’Istituto Bruno Leoni; si è fatto difensore degli operai, trattando malissimo, da ministro, gli a.d., ma il proletariato, come insegnava lo stesso filosofo di Treviri, è inaffidabile e quindi fiutata l’aria non ha voluto seguire l’ex segretario di Montezemolo in Confindustria. Ingrato.

Senza le sue truppe proletarie che aveva arruolato in sogno, si è ritrovato così a gestire la cruda realtà di un Pd post - politico in cui, in uno scenario alla Blade Runner, si fronteggiano bande rivali guidate da volponi come Zingaretti, Giachetti e Martina.

Allora lui che ti fa?

Torna all’antico amore e si lancia verso l’Europa, anche se la zona è presidiata dalle truppe della Bonino - Tabacci, appena reduci dal supposto cammellamento ai danni del povero Perduca.

E così Calenda si scorda Marx e il proletariato e ricomincia a frequentare l’elitona, quella che conta, quella che c’ha i soldi, quella che pasteggia ad aragoste e champagne sugli attici addobbati di bandiere pacifiste.

Non partecipa direttamente al massacro della corsa al segretariato, ma ieri ha richiamato il Pd all’impegno unitario e ad una svolta politica e ha risganciato l’ennesimo volta il manifesto “pro - Europa” (e ci vuole coraggio di questi tempi), lestamente recepito da Martina che deve aver pensato: di questi tempi grami non si butta mai via niente.

Sta di fatto però che lo spettacolo non è dei più eccelsi e l’elettorato riflessivo riflette, per definizione, mentre i sondaggi mandano impietosamente il Pd sempre più giù e Salvini e Di Maio cantano, parafrasando una nota canzone, “meno male che Carlo c’è”.