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Politica


Su un punto sembrano non esserci dubbi: dietro la discesa in campo di Stefano Parisi, ex candidato sindaco di Milano del Centrodestra sconfitto da Giuseppe Sala il 19 giugno scorso, c'è Silvio Berlusconi. L'ex Cavaliere, spinto da Gianni Letta, Niccolò Ghedini, Fedele Confalonieri e dai figli (soprattutto Marina e Piersilvio attenti a "proteggere" il padre), intende ripredendere il controllo dei moderati, attraverso Parisi, per poi fare un accordo con Matteo Renzi. Di questo ne sono certi molti parlamentari di Forza Italia con cui Affaritaliani.it ha parlato nelle ultime ore. Attenzione, però, perché la strategia non è quella di un riavvicinamento in questa legislatura e infatti l'ex sfidante di Sala si è schierato per il no al referendum istituzionale. Il piano è ben diverso da quello di Angelino Alfano, ormai parte integrante del Pd (secondo molti osservatori).

L'idea, attraverso la regia parlamentare di Denis Verdini, è quella di indebolire il premier (ed ecco l'uscita di Renato Schifani e di altri 5-6 senatori dell'Ncd) rendendo quindi determinante l'appoggio di Ala al governo ma senza farlo cadere. Una volta perso il referendum di fine ottobre primi di novembre (come indicano molti sondaggi) tutto cambierà e quindi anche la legge elettorale. Una rivisitazione dell'Italicum (troppo favorevole ai 5 Stelle) che porterà ad un sistema nel quale il nascente polo moderato Parisi-Berlusconi potrà giocare un ruolo chiave per la formazione del nuovo governo trattando con il Pd (si vedrà se ci sarà ancora Renzi) quasi alla pari e non da posizioni nettamente subalterne come quelle di Alfano che nei sondaggi non va oltre il 3,5%.

Un progetto ben preciso che ovviamente prevede l'allontamento dalla destra lepenista di Salvini e Meloni che, non a caso, hanno bocciato la discesa in campo di Parisi. D'altronde in Europa il Centrodestra e la destra non sono alleate da nessuna parte (la Le Pen e Sarkozy sono acerrimi nemici) e la permanenza di Forza Italia nel Ppe egemonizzato da Angela Merkel rende l'intesa con la Lega praticamente impossibile. Berlusconi, consigliato in particolare da Letta e dal 'partito di Mediaset' attento alla stabilità politica, lo ha capito perfettamente e quindi sta cercando con Parisi di costruire una rassemblement moderato del 15% circa che possa dialogare con Renzi e sedersi ai tavoli che contano.

In Forza Italia, però, sono molte le voci contrarie. Prima fra tutte quella di Daniela Santanchè che su Affaritaliani.it ha definito l'ex candidato sindaco di Milano un "perdente" (leggi qui). C'è poi il no secco di Giovanni Toti, che governa la Liguria con il Carroccio primo gruppo in Consiglio Regionale, e che proprio per questo potrebbe ben presto perdere il ruolo di consigliere politico. Anche Paolo Romani non è d'accordo con la "deriva renziana" (come la chiamano molti parlamentari azzurri) ma è molto cauto e non si esprime pubblicamente per non bruciarsi. Stesso discorso vale per Mariastella Gelmini, mentre Renato Brunetta certamente non è filo-Pd ma non ha nemmeno un ottimo rapporto con Salvini. Dalla parte di Berlusconi e Parisi ci sono sicuramente Antonio Tajani, Renata Polverini e tutta quella parte del partito - specie romano e del CentroSud - che per le Amministrative nella Capitale si era schirato contro il sostegno a Giorgia Meloni e a favore prima di Guido Bertolaso e poi di Alfio Marchini.
 

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