Politica

Coronavirus, la vecchiaia è un optional al tempo dell’epidemia

Coronavirus e anziani, la sorprendente proposta di Ursula von der Layen

Di Massimo Nava

Nel regno animale, alcune specie allontanano dal branco i vecchi e li lasciano morire. Nelle migrazioni e nella vita della savana, i più deboli restano indietro e sono facile preda dei più giovani, dei più feroci, dei più affamati. Gli uomini, fin dall’antichità, in quasi tutte le tradizioni, hanno invece assegnato all’anziano un ruolo importante nella società. « Le grandi cose non si ottengono con la forza o con la velocità del corpo, ma con la saggezza, l’autorità, il prestigio », scrive Cicerone nel De Senectute.

Oggi la vita media si è straordinariamente allungata (la terza età comincerebbe a sessant’anni, in attesa di entrare ancora attivi e relativamente sani nella quarta),  ma l’epidemia di coronavirus sta mettendo in circolo qualche dubbio sull’utilità sociale di questo allungamento. La strage di vecchietti nelle case di riposo non è solo indice di colpevole incuria e disorganizzazione. Ci dice che i vecchi sono utili, protetti e apprezzati fino a quando stanno bene, fino a quando sembrano in buona salute e giovanili e hanno i mezzi (economici e fisici) per sembrarlo. Come interpretare altrimenti la tesi secondo la quale si dovrebbero sospendere le restrizioni o almeno allentarle, ad esclusione degli anziani che dovrebbero continuare a stare a casa per sopravvivere? Non è come dire, rimettiamo in moto la macchina, ma non per gli over sessanta? Ed è abbastanza sorprendente che la prospettiva sia stata messa nera su bianco da una personalità tedesca, la presidente della commissione europea, Ursula von der Layen.

Se i sondaggi rispecchiassero alla lettera lo stato d’animo degli italiani, le misure di restrizione adottate per fronteggiare l’epidemia risultano largamente condivise. Il 66 per cento è per continuare la chiusura, il 22 per cento è per riaprire in modo più o meno moderato, il 12 non risponde. C’è la consapevolezza che la « libera uscita » avrebbe conseguenze  drammatiche : picco di contagi, ospedali sovraccarichi, case di riposo trasformate in anticamere della morte.....

Tuttavia, a giudicare dalle fughe per Pasqua, dalle code sulle strade, dalla mobilità al 40 per cento nella regione più colpita - la Lombardia - dai segnali di ribellione sociale e da sollecitazioni in ambienti economici, il partito della riapertura è in crescita. La  sopportazione della clausura ha un suo limite psicologico e si rafforzano considerazioni di natura economica e finanziaria, secondo le quali il rimedio  adottato possa rivelarsi peggiore del male : quanti fallimenti, divorzi, suicidi, quanta disperazione e quanta criminalità, quanti nuovi poveri dovremo conteggiare se le misure non si allentano? Vivremo guariti in un Paese morto, o almeno tramortito?

Sono domande che traspaiono in opinioni autorevoli anche sui giornali e che sottolineano che la tenuta sociale non può essere indefinita. Il partito della riapertura non ha ancora trovato un riferimento preciso, ma valuta sondaggi. Magari si aspetta che gli italiani si dividano fra « libera uscita » di destra per riprendersi la vita e « iorestoacasa », mantra patriottico della sinistra solidale.

La faccenda ci porta nell’impervio mare dell’etica, fra domande ultime e risposte complicate, tanto più più che la responsabilità della decisione politica è appesa al parere della scienza (non sempre univoco) e alle indicazioni dei tecnici (la task force diretta da Vittorio Colao).

Se ci limitassimo al calcolo costi/benefici, un certo numero di decessi per corona virus sarebbe un prezzo sopportabile, essendo di poco superiore al ciclo demografico della mortalità in tempi normali. (circa 600 mila morti all’anno). Si tratterebbe di accettare che - come peraltro sta avvenendo in queste settimane -  persone anziane e più fragili perdano la vita in un numero maggiore. Ma un calcolo sulla base della selezione naturale non è lontano parente di un’eutanasia sociale? Nè è consolante sapere che la gran parte degli anziani deceduti per coronavirus presentava una o due altre patologie e quindi non andrebbe automaticamente sommata alle vittime dell’epidemia.

Sarebbe utile un sondaggio sull’ipotesi di restrizioni per fasce di età, in considerazione delle possibili conseguenze del contagio a seconda delle generazioni. Probabilmente si testerebbe una diversa percezione del rischio. Ma gli anziani, in attesa del vaccino, non avrebbero alternative : stare a casa per sperare di morire più tardi o provare a uscire rischiando di morire prima. Probabilmente si dividerebbero in parti uguali.

Forse stavano meglio al tempo di Cicerone.