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Politica
Covid, mascherine, Oms, Arcuri: lo zampino del "volpino" D'Alema...

Non finisce qui. Tralasciando lo zampino di Baffino nel governo Conte, evidente nella figura di super commissario all’emergenza rivestito da un dalemiano doc come Domenico Arcuri e soprattutto in un pezzo da 90 che è traghettato dall’esecutivo giallorosso a quello Draghi, ossia il sempre più traballante ministro Roberto Speranza (al quale lo unisce non solo la diaspora dal Pd ma anche la fondazione di Mdp-Articolo uno), adesso il nome del presidente della Fondazione Italianieuropei salta fuori pure in relazione al G20. In che modo?

Lo rivela ancora La Verità, scavando nell’affaire Guerra per il famoso report da emendare sulla gestione pandemica in Italia realizzato da un gruppo di ricercatori Oms. Il giornale riporta il contenuto di un rapporto che proprio Ranieri Guerra, all’epoca dei fatti direttore aggiunto dell’Organizzazione mondiale della sanità, spedito in Italia per dare supporto al governo nella gestione dell’emergenza, il 29 maggio scorso inviò al numero uno dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus. Ed è qui che salta fuori l’influente big della sinistra salentina. Ranieri scrive di averlo incontrato e di avere discusso con lui di un “suo possibile supporto all’Oms”. A quale scopo? Cementare i rapporti tra l’agenzia sanitaria dell’Onu e il Governo di Roma in vista del G20 a guida italiana.

Altro tassello che aiuta a capire come la rete di relazioni del mai domo Massimo D’Alema sia ancora estesa e non scalfita dal suo ostentato atteggiamento di understatement rispetto alle vicende politiche italiane. Anzi, pure su queste il lider maximo, magari sottovoce, ci prova a farsi sentire. Certo, a ferire il suo orgoglio non sono mancate pesanti batoste elettorali, a partire dalla storica e cocente scoppola nella sua Puglia, quando alle Politiche del 2018 corse con Leu nel feudo salentino di Nardò per l'uninominale al Senato e rimase ultimo con un misero 3,5% (contro il 40% della vincitrice Barbara Lezzi).

Una sconfitta bruciante e inattesa, anche alla luce della velleitaria previsione, rilasciata nel dicembre 2017, ancor prima di candidarsi, ai microfoni di Circo Massimo su Radio Capital, circa un risultato “con la doppia cifra” per Liberi e uguali. Insomma, di calcoli l’ex presidente del Consiglio ne ha sbagliati parecchi. Inclusa la sua linea sulla vexata quaestio del gasdotto Tap. Sotto elezioni, sempre nel 2018, il suo cuore batteva talmente forte per l’amato Salento da spingerlo a cambiare idea in corsa, schierandosi contro quello che invece in precedenza aveva definito “un piccolo tubicino interrato che non comportava impatto”. Una presa di posizione che non portò i suoi frutti, tant’è che alla fine non fu eletto e si beccò pure gli strali dell’attuale viceministro alle Infrastrutture Teresa Bellanova, anche lei al tempo candidata in Puglia.

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