Politica
Crisi di governo: Mattarella, il colpevole finale
Un tempo, quando c’erano problemi d’onore, e a volte persino il delitto d’onore, bisognava stare attenti, in materia di sesso. Ci si poteva trovare obbligati a sposare la ragazza divenuta nel frattempo “la madre di mio figlio”. E ciò a tempo indefinito, perché non c’era il divorzio. Oggi, grazie al cielo, non è più così: ma rimane vero che certe scelte possono avere conseguenze che vanno molto, molto al di là delle previsioni.
Qualcosa del genere stiamo vivendo in politica. A Matteo Salvini non importa nulla non dell’Italia, ma neppure dell’Universo. Gli interessa soltanto monetizzare in termini di voti il consenso che gli attribuiscono i sondaggi. E per il resto si vedrà. Solo che chi “vedrà” sarà lui. Analogamente, a tutti quelli che rischiano di tornarsene a casa, a causa dell’interruzione della legislatura, non importa nulla non dell’Italia, ma neppure dell’Universo. Quindici mesi di “pacchia”, per parlare alla Salvini, sono francamente troppo pochi. Dunque gli interessa soltanto che non vengano sciolte le Camere e si costituisca un governo di coalizione di qualsivoglia genere: Diavolo, Acqua Santa e Maometto, oppure Cesare, Bruto e Mitridate, o infine Tosca, Scarpia e Cavaradossi, fate voi. L’essenziale è che non si vada al voto.
Ma ci sono controindicazioni. Se è vero che molti parlamentari sono disposti a tutto, non a tutto è disposto il Presidente della Repubblica. Mattarella non condivide né le fregole di Salvini né quelle dei suoi oppositori. Se dunque questi si presenteranno da lui dicendo: “Siam trecento, siamo giovani e forti, e possiamo ottenere la fiducia alle Camere”, si sentiranno rispondere che non importa chi siano, importa ciò che intendono fare. Perché se il programma è quello di non avere un programma, o soltanto di rinviare di qualche mese le elezioni anticipate, non se ne parla.
Chi va dal Presidente deve volere un governo di legislatura, con un programma sufficientemente concordato perché possa reputarsi credibile se non nella sua totale fattibilità, almeno nelle sue idealità. Bisognerà sapere se aspettarsi il rispetto dei trattati internazionali o la loro denuncia, la difesa della stabilità finanziaria o l’avventura borsistica, l’aumento delle imposte o quello della libertà d’impresa. O infine la difesa della libertà del cittadino o il pregiudizio che i magistrati dell’accusa hanno sempre ragione. Che gli innocenti, per dirla con Davigo, sono soltanto coloro i cui crimini non sono ancora stati scoperti. Infatti Bonafede vorrebbe avere il tempo di farlo.
Nel nostro caso, quand’anche si trattasse di un governo di scopo (lo scopo di evitare le elezioni, nientemeno), nel programma deve necessariamente essere incluso ciò che si intende fare in occasione delle scadenze più immediate. Cioè la legge di stabilità.
Formare una coalizione è meno semplice di quanto non si pensi. A fine anno sono in gioco l’appartenenza all’eurozona, la stabilità finanziaria del Paese (incluso il rischio default), e quanto meno un tentativo di rilancio dell’economia. Problemi da affrontare non in un nebbioso futuro, ma appena insediato il governo, fra qualche settimana. Anche perché un rinvio sarebbe inaccettabile. Infatti da sempre si paventa l’esercizio provvisorio, quasi una catastrofe da evitare ad ogni costo.
Qualcuno potrebbe sorprendersi che di questi ostacoli nessuno parli. Il fatto è che per un anno il governo si è comportato come se il momento del redde rationem non dovesse arrivare mai. Lega e Movimento hanno passato il tempo a lanciarsi insulti ed accuse, ed hanno litigato non su come trovare i soldi, ma su come spenderli. E non hanno cambiato registro nemmeno ora. Siamo sicuri che Partito Democratico e Movimento 5 Stelle riusciranno a mettersi d’accordo sul programma, soprattutto considerando che qualunque soluzione scontentarà profondamente gli italiani? Democratici e pentastellati sono dei politici mediocri, ma anche sefossero dei geni non potrebbero evitare di fare una figuraccia agli occhi degli italiani, perché questi si aspettano sempre la Luna.
Ecco la realtà. Se gli anti-Salvini vincono, guadagnano qualche mese e poi la catastrofe. Se vince Salvini forse eviterà il peggio subito ma lo stesso sarà disarcionato dopo qualche mese, tanto grande è da prevedere la rabbia degli italiani. E qualunque soluzione sceglierà Mattarella, gli si darà il torto di averla scelta. Era meglio l’altra.
Nessuno sembra capire che il problema non è difficile: è impossibile. E non basta non parlarne – come si fa in questi giorni - per risolverlo.