Ecco perché il M5S non potrà che sparire o trasformarsi
Il bipolarismo è finito?
C’è un certo piacere a ribaltare o annullare le dicotomie. È un facile modo per passare per intellettualmente coraggiosi. Dio è il bene e Satana il male? E allora ecco i satanisti. La democrazia è un bene e la dittatura un male? E allora ecco i neonazisti, felici di scandalizzare i benpensanti. Se poi si parla di annullarle, le dicotomie, molta gente è felice di azzerare la distinzione fra destra e sinistra. Sono cose superate, dicono. E infine, in questi mesi, pare sia morto il bipolarismo.
In Italia per decenni abbiamo avuto il bipartitismo imperfetto; poi abbiamo avuto il bipolarismo perfetto, infine è nato il M5S, e si parla di tripolarismo. Che sembra una malattia. Comunque è vero che alle ultime elezioni le formazioni “vincenti” (o perdenti, fa lo stesso) erano tre, e per governare era necessario che si mettessero d’accordo in due. Ma non ne sono stati capaci. Soprattutto per l’ostinazione del M5S, risoluto ad opporsi a qualunque cosa. Governabilità inclusa. Forse è proprio vero, il tripolarismo è qualcosa di affine al tripanosoma.
La cosa comunque si è risolta all’“italiana”, col tradimento in massa di molti senatori. Parecchi eletti del centrodestra sono passati (de facto, se non de iure) a sinistra: e l’Italia va avanti. È ovvio che, se appena si votasse, i transfughi dovrebbero continuare la fuga, ma stavolta in direzione di casa loro. Ma intanto, per un paio d’anni, hanno incassato i loro trenta denari.
I punti di riferimento attualmente sono ancora tre: il Pd, il centrodestra e il M5S. Che cosa possiamo aspettarci? Per il Pd, molto dipenderà dalla percezione che, al momento del voto, l’elettorato avrà dell’azione di governo. Capirà che non poteva fare niente di più, o invece non perdonerà a Matteo Renzi le infinite rodomontate, le troppe promesse non mantenute, le innumerevoli e infondate vanterie?
Il centrodestra lo si dà troppo facilmente per morto. E forse merita, di morire. Ma non può. Perché non può morire il suo elettorato. O Berlusconi riuscirà a tirare fuori dal cilindro una coalizione capace di essere competitiva, oppure il suo posto sarà preso da qualche altro leader. Non diversamente da come, a suo tempo, lo stesso Cavaliere prese il posto della Democrazia Cristiana. E la forza del centrodestra dipenderà da quanto gli elettori saranno stanchi degli errori della sinistra. Si ricorda come andarono le elezioni dopo il governo Prodi?
Più interessante è il caso del Movimento 5 Stelle. Ho sempre avuto una pessima opinione di questa formazione politica non tanto perché sostiene idee vaghe o ridicole, quanto perché essenzialmente tende a sovvertire le regole della politica. Regole che non derivano da un “dover essere”, non sono qualcosa di morale o di capriccioso: derivano semplicemente dalla natura umana e dalla realtà com’è. Qualcosa come “non puoi fare la frittata senza rompere le uova”. E qualunque cosa che sia contro la realtà è prima o poi perdente.
Se si è veramente contro la politica – un po’ come è sembrato essere Beppe Grillo – l’unica soluzione, per rimanere casti, puri e coerenti, è non impegnarsi mai. Ed infatti, a lungo, è ciò che egli ha imposto al M5S di fare. A costo di impedire la formazione di un governo. Ma – come ha detto qualcuno del mal du siècle, il Romanticismo – se un atteggiamento deriva da una malattia, alla lunga o se ne guarisce o se ne muore.
E infatti. Se gli elettori, credendo di premiare il rifiuto della politica, eleggono a sindaco di Roma una rappresentante del M5S, poi quel rifiuto diviene impossibile, e cominciano i guai. Chiunque provi a governare inevitabilmente è giudicato dai risultati. Dovrà affrontare gli incerti, le insidie e le calunnie che affronta chiunque altro, vedendosi anche attribuire colpe non sue. Il “dire” è fin troppo facile, e ancor più il “criticare”, mentre il “fare” comporta non raramente cattive figure irrimediabili.
Il M5S ha dato di sé stesso un’immagine insostenibile e autolesionistica. Il suo moralismo intransigente e miope non può non ritorcersi contro di esso. Perché i suoi rappresentanti sono esseri umani come gli altri; perché l’utopia è irrealizzabile; e perché ha espresso un programma negativo. Negando tutto non si ottiene nulla, e il Movimento, a forza di negare tutto, si è negato persino una vera ideologia e una bandiera. Ciò che è andato più vicino ad essere una bandiera è stato la parola “Vaffanculo”: ma non costituisce un programma di governo.
Grillo forse ha avuto il buon senso di capire che “facendo” si rischia l’insuccesso, ed ha tentato di rifugiarsi nel nulla: ma gli elettori alla lunga non premiano né il nulla né l’insuccesso.
Ecco perché il M5S non potrà che sparire o trasformarsi. Se sparisce, si ritornerà al bipolarismo centrosinistra-centrodestra. Se invece si trasformerà e rimarrà grande, si collocherà a destra o a sinistra del Pd, ricostituendo il bipolarismo che si diceva morto.
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