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Elezioni Umbria, rischiano Zingaretti e Di Maio. Renzi, convitato di pietra
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Elezioni Umbria, rischiano Zingaretti e Di Maio. Renzi, convitato di pietra

Il voto in Umbria è importante in quanto regione che con Toscana, Emilia-Romagna e Marche rappresenta da sempre il poker d’assi della sinistra, il quadrilatero “fortezza” ritenuto inespugnabile e che, invece, in caso di pesante sconfitta, potrebbe portare allo smottamento, con ripercussioni ben oltre i confini locali. I sondaggi regionali sono vietati ma a livello nazionale (secondo le intenzioni di voto di Termometro Politico) spira un forte vento pro Lega (35,2%), con i due principali partiti di governo in caduta libera: Pd al 18.9% e 5Stelle al 17,1%. Nel Pd e anche nel M5S, c’è pessimismo per le urne di domenica, temendo soprattutto il dilagare dell’astensionismo nel proprio elettorato. Il voto in Umbria – il primo di una lunga serie nelle prossime settimane e nei prossimi mesi - ha comunque una valenza nazionale, specie dopo la volontà di Zingaretti di trasformare il patto di governo pro tempore fra Pd e M5S in una vera e propria alleanza politica giallo-rossa, un inedito fronte di sinistra in alternativa a Salvini e al centrodestra a trazione Lega. Da qui, il voto umbro anche come test sul governo Conte, architrave e volano dell’inedito progetto di alleanza organica Pd-5Stelle.

Umbria elezioni: il voto. Le conseguenze se dovesse arrivare una sconfitta per M5S e Pd... L'analisi

E’ questo il motivo, consapevoli della posta in gioco, per cui Zingaretti, Di Maio, Speranza, con alla testa il premier Conte, mettendoci la faccia, alla fine sono scesi direttamente nell’agone elettorale per l’”evento di coalizione”, a Narni. Si vedrà presto se, politicizzando il voto regionale, per i partiti di maggioranza è stato un autogoal o se invece la mossa che ha permesso di recuperare una situazione data per persa. Gli scenari sono aperti. In caso di netta vittoria del “patto civico” per Bianconi, Zingaretti tirerà diritto convincendo anche il titubante Di Maio sulla bontà dell’alleanza organica fra Pd e M5S. In caso contrario, Zingaretti e Di Maio non avrebbero più frecce nei loro archi limitandosi a tirare avanti, toccando al premier Conte l’onore e l’onere di assumersi anche la leadership del nuovo fronte tutt’ora senza identità e senza progetto ideale, culturale, politico-programmatico.

Una sconfitta del Pd e del M5S in Umbria non scuote gli assetti nazionali ma rischia di far saltare i coperchi ai pentoloni sempre in ebollizione dei due partiti e al contempo aggiunge pessimismo nel fronte governativo e ottimismo nel fronte delle opposizioni, anticipando altre successive sconfitte per la sinistra nelle altre regioni e nuovi successi per il centrodestra, Lega in testa. In quel caso, anche le sorti del governo sarebbero segnate. Per adesso, il Conte bis non ha niente da temere. Neppure dal fronte dell’alleato super scomodo, quello capitanato da Matteo Renzi, a Narni il convitato di pietra. Il capo di Italia Viva, decisamente contrario al progetto zingarettiano della nuova sinistra Pd-M5S, se ne è ben guardato dall’ aggregarsi alla compagnia in sfilata a Narni e dal metterci la faccia. Ciò non solo perché il suo nuovo partito Italia Viva è assente da questa prima competizione elettorale, ma perché, smarcandosi, ha dopo il voto, specie in caso di insuccesso dei partiti alleati al governo, le mani libere per menare fendenti e per fare la voce grossa.

Già, Renzi. L’ex rottamatore - come d’altronde lo stesso Di Maio - può brontolare, tirare ancora di più la corda già tesa, ma non romperla. Entrambi sbraitano e minacciano, ma si muovono confusamente per marcare il territorio e alzare la fuffa mediatica temendo le elezioni anticipate. Con l’attuale legge elettorale Renzi non avrebbe nemmeno un deputato nella quota maggioritaria del Rosatellum, ne avrebbe qualcuno nella quota proporzionale e, forse, nessun senatore. Di Maio vedrebbe dimezzati i parlamentari e lui stesso è ormai a rischio. Così le ventilate minacce al governo di Renzi e di Di Maio sono aria fritta. Se davvero il governo cade, si va diritti al voto (Zingaretti dixit), con il capo di Italia Viva e dei 5Stelle cancellati dalla prima fila della politica. Ecco perché Conte è in un ventre di vacca. Almeno per ora.

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