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Politica

Il dialogo è partito. E' iniziato. Chi ha avuto modo di parlare lungamente con il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, prima e dopo la Direzione dem di questa mattina, assicura che le basi per costruire un governo di legislatura con il Movimento 5 Stelle ci sono tutte. Tanto che fonti del Nazareno qualificate esprimono il loro "ottimismo" e danno la partenza del nuovo esecutivo 60 a 40 rispetto al fallimento delle trattative e al ritorno alle urne come continua a dire Matteo Salvini. Il nodo, come noto, è quello della casella del presidente del Consiglio. Inizialmente, quantomeno al primo tavolo al quale ne seguiranno altri, Zingaretti arriverà con il no al Conte-bis nella logica della discontinuità rispetto all'esecutivo con la Lega (come infatti ha dichiarato nel primo pomeriggio, rispondendo ad una domanda diretta sul tema "serve discontinuità sui nomi e sui contenuti"). Ma, spiegano le fonti del Pd, non si tratta di una posizione inamovibile. Insomma, un no che potrebbe anche diventare un sì a certe condizioni. Quali? Tutto dipende dal programma e dai punti dell'agenda politica.

E' evidente - spiegano dal Nazareno - che se il M5S si dimostrasse disponibile e aperto a modificare quelle leggi approvate in questo anno abbondante con il Carroccio che i Dem reputano indigeribili il veto potrebbe cadere. E non si tratta solo dei due decreti sicurezza, sui quali i mal di pancia c'erano anche tra tanti pentastellati, bensì di provvedimenti economici e sul lavoro targati 5 Stelle. In particolare si parla del reddito di cittadinanza e del decreto Dignità del 2018, soprattutto nella parte che regolamenta il lavoro a tempo determinato. Bene, se dal M5S non ci fosse una chiusura su queste tematiche ma uno spirito di collaborazione - sottolineano le fonti del Pd - si potrebbe anche arrivare all'ok al nome di Conte come presidente del Consiglio.

D'altronde sia Zingaretti sia Renzi hanno evidenziato come il discorso del premier dimissionario in aula a Palazzo Madama, seppur tardivo, sia stato apprezzabile nel modo in cui ha preso nettamente le distanze da Salvini e dal Carroccio. Per quanto riguarda Luigi Di Maio, ragionano sempre nel Pd, quella del Conte-bis è quasi una necessità. Se infatti aprisse ad altre soluzioni, magari il presidente della Camera Roberto Fico, rischierebbe di avere problemi interni con Alessandro Di Battista e con l'ala meno di sinistra del movimento che, nonostante la rottura con la Lega, ha sempre un peso considerevole nei gruppi parlamentari. Per quanto riguarda Di Maio, spiegano sempre fonti dem, la sua intenzione è quella di restare all'interno del governo, probabilmente sempre al ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico (per continuare a lavorare sui dossier rimasti aperti con la crisi) e nel ruolo di vicepremier, ma - se così fosse - ci sarebbe contestualmente l'ingresso anche del segretario del Partito Democratico Zingaretti.

Il governatore del Lazio, a quel punto, avrebbe sei mesi di tempo per lasciare la guida della Regione che potrebbe così tornare al voto nell'autunno del prossimo anno. Quanto alla possibilità che Zingaretti prenda addirittura il posto di Salvini al Viminale, ragionano le fonti dem, "andiamo piano, vedremo. Anche perché abbiamo già l'ex ministro Minniti che aveva fatto molto bene...". Anche se sull'eventuale ritorno di Minniti alla guida del ministero dell'Interno potrebbe esserci il veto di Liberi e Uguali (comunque determinante al Senato visti i numeri) che ha sempre contestato la sua politica sull'immigrazione troppo rigida e per certi aspetti troppo simile a quella di Salvini.

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