Politica
Pd, il campo largo si è ristretto. Agenda Draghi? Non basta per battere il Cdx

Verso le elezioni. Il centrodestra, mai come ora, pare convinto a superare le tante incomprensioni per puntare deciso a Palazzo Chigi.
Pd e il campo largo che si è ristretto in vista delle elezioni del 25 settembre
"Mai più accordi con chi ha provocato tutto questo" sono state le parole di Enrico Letta che hanno messo definitivamente la parola fine all'accordo con i cinque stelle, a cui il segretario del Pd stava lavorando alacremente da almeno un anno. Ma tutti all'interno del partito e non solo sanno quanto deve essere costato a Letta dire queste parole, che sono state precedute nelle ore immediatamente successive al voto a quelle di Enrico Franceschini, che parla poco ma quando parla al segretario di turno non resta fare altro che abbozzare, come più volte fece Zingaretti e come ora è toccato fare a Letta. Negli ambienti vicini al Pd si vocifera da tempo che Franceschini sia il vero segretario ombra del partito, perchè a lui spetta sempre l'ultima parola sulle questioni davvero importanti. E' lui che partecipa alle consultazioni con altri partiti o quando si tratta di fare nuovi accordi ed alleanze. E' accaduto in occasione del governo giallorosso come in quello Draghi. Ed è stato lui a decretare la fine di qualsiasi ipotesi di alleanza con i cinque stelle. Letta a malincuore (le sue parole anche dopo la crisi di governo erano sembrate intrise di prudenza e di attesa verso i cinque stelle e Conte) non ha potuto fare altro che seguirlo.
In cuor suo Letta sperava di poter realizzare un alleanza magari con chi nel movimento come il capogruppo Crippa era sembrata più governista, ma Franceschini ha emesso la sua sentenza e tutta la prudenza è caduta. Ma ora il problema per il Pd è come trovare una soluzione al campo largo con il quale si pensava e sperava di poter contrastare l'avanzata della coalizione di centrodestra. La crisi improvvisa è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno per le strategie che Letta ( e Franceschini) stavano costruendo da qui alla fine della legislatura. Un accordo con il movimento di Conte avrebbe permesso di avere quella massa critica, con aggiunta di qualche spezzono centrista, per potere competere con il centrodestra, che invece dalla crisi sembra uscire assai rafforzato e soprattutto nuovamente compatto. Il Pd ora prova la carta della disperazione, dal momento che i tempi sono strettissimi, cercando di riunire nel segno di Draghi e della condivisione della sua " agenda" un nuovo patto elettorale. Si cerca di riunire intorno al nome e al prestigio di Mario Draghi quello che in un anno e mezzo non si è riuscito a costruire, un'alleanza con chi come Calenda e Renzi dovrebbe appartenere a quella stessa parte politica, ma che vede come il fumo negli occhi invece i cinque stelle e questo appiattimento del Pd sul movimento.
E' un pò il solito refrain che si respira all'interno del Pd da qualche anno a questa parte. E cioè quel vizio di fronte alla difficoltà nel riconoscersi in una forte ed autorevole leadership che sappia riunire sotto lo stesso cartello elettorale una coalizione di partiti e gruppi che la pensano allo stesso modo, di cercarla in leader prestigiosi come adesso Draghi (accadde la stessa cosa con Monti nel 2012 prima che lo stesso fondasse un suo partito, poi miseramente naufragato). "Letta non sbandieri Draghi come un santino" ha detto in maniera inequivocabile Carlo Calenda, che non sembra affatto propenso a seguire il segretario del Pd in quella da lui definita una ammucchiata contro i populisti. Ed in effetti la nuova proposta del pd di Letta pare avere come unico fattore aggregante quello di contrastare le destre, che pare un pò poco per poter aspirare a governare. Nelle Ultime ore Letta sembra aprire anche ai freschi fuoriusciti di Forza Italia, Brunetta, Carfagna e Gelmini, da anni acerrimi nemici del Pd e delle sue politiche.
L'agenda Draghi poteva funzionare perché appunto a guidare il governo c'era l'ex presidente della Bce. Usarla come collante e programma per formare un nuovo patto di coalizione appare l'ennesimo maldestro tentativo di trovare una via di uscita ad una situazione complicata. Per battere il centrodestra ammesso che sia possibile in un tempo così risicato e con sondaggi così sfavorevoli, ci vuole ben altro che un semplice slogan o un brand, come quello che rischia di diventare Draghi per chi come il Pd si sente stretto di fronte al rischio di non avere il tempo necessario per cercare di contrastare adeguatamente il centrodestra, mai come ora convinto a superare le tante incomprensioni per puntare deciso a Palazzo Chigi.