Politica

Il criptico ritorno di D'Alema. Né con Schlein, né con Meloni...

Di Giuseppe Vatinno

Baffino è rimasto all'epoca di Togliatti

Il ritorno di D’Alema tra Meloni e Schlein

E così è ritornato. Ogni tanto lo fa, per vezzo e mestiere e magari per segnare il territorio in momenti così confusi per la sinistra. Oppure perché si annoia.

E così, qualche giorno, fa stimolato anche lui dal vento del 25 aprile ha rilasciato una intervista a Repubblica, giornale con cui ha intessuto sempre un rapporto di odio e amore.

Sulla nuova segretaria Elly Schlein ha detto che: “Ha il compito di rilanciare, di rianimare il partito, per evitare che un iscritto possa commentare in questi termini sarcastici, come mi è capitato di sentire – e cito testualmente- l’esito congressuale: dopo avere perso le elezioni, il Pd ha perso anche le primarie, il Pd ha votato contro se stesso”.

Frase piuttosto involuta, che promette segreti ma poi –a guardare bene- non svela nulla di nuovo.

La Schlein in fondo è una sua collega, anche lui è stato segretario del Pds.

Ma i dalemologi di chiara fama, consultati all’uopo, concordano quasi tutti che la frase sibillina rivolta alla Schlein non sia esattamente un complimento. Le riconosce che la sua venuta è stata accompagnata da “una ventata di fiducia che interrompe e ribalta una fase di forte depressione a sinistra”, ma poi –dopo il confettino indoratore-riaffonda:

“il dibattito pubblico si concentra su temi come l’immigrazione, i diritti civili, l’omosessualità, la maternità surrogata, perché le vere grandi questioni sono precluse alla politica, sono già predecise altrove. La crescita delle diseguaglianze è legata a fenomeni che la politica non è in grado di affrontare, arginare e regolamentare”.