Politica

Il criptico ritorno di D'Alema. Né con Schlein, né con Meloni...

Di Giuseppe Vatinno

Baffino è rimasto all'epoca di Togliatti

Insomma, traducendo: “a me, me ne cale poco dei dibattiti sociali, io vengo da roba seria, dalle lotte per comuniste per i lavoratori”.

E poi l’ex presidente del Consiglio vira sapendo di virare, verso un terreno minato, cioè quello della destra e così si esprime:

«La destra ha vinto le elezioni sulla base di un programma per certi versi, assai coraggioso: difendere la sovranità nazionale dalla globalizzazione, sfidare il potere economico transnazionale, contenere il potere di Bruxelles e della Bce…».

E qui anche gli esegeti più scaltri e affilati del D’Alema –pensiero vanno (temporaneamente) in crisi.

Che baffino abbia votato per la Meloni?

No, perché in questi tempi matti e disperatissimi tutto può succedere. Hai visto mai, magari solo per fare un dispetto al “toscano maledetto” che non è Fanfani ma Matteo Renzi. Oppure D’Alema si sarà ricordato del suo periodo “fascio” in cui privatizzò con Rosy Bindi la Sanità introducendo l’intramoenia e devastando il mercato del lavoro con il precariato? Tutto è possibile.

Ma poi no, lui caritatevole leva le castagne dal fuoco ideologico e chiarisce che quel programma, quello della Meloni per intenderci, lei non l’ha seguito davvero e che quindi: “Risultato? Oggi il principale elogio rivolto alla Meloni è di avere abbandonato il suo programma”.

Insomma non si capisce bene l’intemerata Dalemiana, peraltro organizzata misteriosamente sulla pagina locale di Bari di Repubblica, ma una cosa è chiara: lui non parteggia per nessuna delle due femmine alfa al centro della politica italiana: né per la Schlein né per la Meloni.

Dato come sono finiti i suoi endorsement passati le due traggono un sospiro di sollievo.

Non le ama e non le odia, ormai D’Alema, stoico senechiano, vede il mondo per quel che è. È un uomo del passato, questo non è più il suo tempo. Lui è uno che è stato sulle ginocchia di Togliatti, milioni di anni fa, al tempo in cui “i dinosauri si mordevano la coda”.