Politica

Il populismo non è il male assoluto

Vincenzo Caccioppoli

Sembra che ormai nella dialettica politica siano entrati due nuove contrapposizioni a sostituire la vecchia dicotomia destra sinistra che appare ormai un po vetusta. Da una parte i cosiddetti sovranisti e populisti e dall'altra gli anti sovranisti. Anche il tanto declamato movimento delle sardine nasce proprio nell'ottica e con l'obiettivo dichiarato di combattere Salvini e il populismo/sovranismo. Ma cosa vuol dire populismo e soprattutto perché per qualcuno sarebbe diventato ll male assoluto?  «La nozione essenziale della democrazia è il popolo, e non l’umanità. Se la democrazia deve restare una forma politica, ci sono solo democrazie del popolo e non una democrazia dell’umanità» diceva il grande filosofo e politologo tedesco Carl Schmitt. Platone, d’altronde, già 2400 anni fa, scriveva nel libro VIII de La Repubblica: «Ecco, secondo me, come e donde nascono le tirannidi. Esse hanno due madri. Una è l’oligarchia quando, per le sue lotte interne, degenera in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per inettitudine dei capi, precipita nella corruzione e nella paralisi.” Già corruzione e paralisi come quella a cui assistiamo da troppo tempo in Italia e non solo. Il populismo se vogliamo nasce da qui  ma proprio per questo non può e non dovrebbe avere una simile accezione negativa, anzi dovrebbe essere la bandiera della sinistra.

A meno che sovranismo e populismo non vengano utilizzati in maniera strumentale per combattere avversari politici più capaci di intercettare il malcontento e le volontà popolari. Salvini e la Meloni incarnano il pericoloso seme del dubbio che possa esserci un altro futuro possibile da quello immaginato fino ad oggi. Già il dubbio il vero terrore di ogni autoritarismo e dittatura la cui prima preoccupazione è proprio quella di cancellarlo attraverso il lavaggio del cervello e la censura. Fa un po' sorridere allora il fatto che proprio nella Russia socialista sia nata la prima espressione del populismo a livello di Movimento politico-culturale. Si sviluppò tra la fine del sec. XIX e l'inizio del XX, ed aspirava  a una sorta di socialismo rurale, in opposizione al burocratismo zarista e all'industrialismo occidentale. Si avete capito bene si trattava di un movimento che era nato per contrastare il potere assoluto degli zar. Sic transit gloria mundi. Ora tutto pare clamorosamente rovesciato. La sinistra critica il populismo e il sovranismo come  nuovi paradigmi di  neofascismo o illiberismo. Forse questo perché la sinistra ha perso la sua primordiale essenza e invece che difendere il proprio popolo si è in realtà imborghesito ammaliato dagli spesso citati a sproposito cosiddetti “poteri forti “.

Anche la stessa Unione Europea funge da sorta di simulacro per combattere chi come i sovranisti  vogliono un Europa diversa. Perché il sovranismo in realtà  non vuole la fine dell'Europa, ma più umilmente ne vuole la rinascita contro la sua degradazione nella Unione Europea così com'è stata concepita dai burocrati in questi ultimi quindici anni. Perché è questo che vuole il popolo o almeno la maggioranza di esso. Ma forse questo è quello che non piace alle élite, che chissà perché ultimamente sembrano sempre più spostarsi a sinistra. Il popolo non conta forse perché secondo questi soloni, contraddicendo alla fondamentale regola su cui si basa la democrazia stessa, non è in grado di decidere cosa sia meglio per il bene comune e come è chi debba governare il proprio paese. Ecco allora che  tutto pare mirare a diminuire l’indipendenza degli stati sovrani a scapito di organizzazioni e aggregazioni interstatatali. E questo non è oscura dietrologia o complottismo, ma solo una semplice constatazione. 

Utile a questo proposto citare la intellettuale francese Élisabeth Lévy, che definisce scherzosamente il populismo come «il nome che la sinistra dà al popolo quando il popolo non le piace», e continua dicendo che: «Credere che milioni di elettori abbiano votato senza comprendere quello che facevano e senza interrogarsi sulle conseguenze del loro atto vuol dire, in senso stretto, prenderli per dei coglioni. Infatti si potrebbe in ogni caso obiettare che i meno istruiti sono anche i meno condizionati dall’ideologia dominante e che i più “colti” sono in realtà i più portati a ripetere i mantra alla moda e a identificarsi con il conformismo sociale. Nelle fasce popolari, l’incredulità non è il risultato dell’ignoranza, ma piuttosto la conseguenza di una ripetuta delusione”. Analisi che sembra attagliarsi alla perfezione a quello che sta accadendo in Francia, in Italia, in Gran Bretagna in Germania in Grecia e in molti paesi del vecchio blocco sovietico. Troppo spesso si reputa il voto dei cittadini come un rischio, un pericolo all'ordine precostituito. Ed è proprio qui la incoerenza di fondo di accusare chi come Meloni e Salvini, malgrado chiedano a gran voce il voto democratico siano invece considerati come antidemocratici, fascisti e insurrezionalisti.

Chi chiede la massima espressione della democrazia è un illiberale, chi invece la nega è un democratico. Farebbe sorridere se non fosse quello che sta avvenendo nel nostro paese. Ma il voto si dice potrebbe provocare sconquassi a livello di mercati finanziari e mondiali che ricadrebbero sulle fragili spalle del paese. Meglio un governo paralizzato e supino alle leggi della globalizzazione che pretende il rispetto delle sue dure regole del mercato costi quel che costi e pazienza se il malcontento cresce a dismisura come la povertà. I sovranisti hanno solo dato voce a questo crescente malcontento. E forse per questo vengono attaccati così duramente. Come dice nel suo bellissimo romanzo il filosofo francese Alain de Benoist, “In realtà, tutto è organizzato in modo da sostituire alla decisione popolare la gestione delle cose, la sovranità dei mercati finanziari, l’autorità degli “esperti” e il governo dei giudici.”

In questo contesto allora dal momento che i cittadini  non hanno più la possibilità di chiedere conto ai loro rappresentanti, il sistema si trasforma in un’oligarchia che è responsabile solo davanti agli interessi privati che la sostengono. E' quantomeno singolare che proprio la sinistra difenda questo status quo, lasciando invece alle destre la difesa dei più deboli e dell'autonomia del paese. E’ ripetiamo uno stravolgimento delle vecchie ideologie. Altro che fascisti e illiberali. Il sovranismo e il populismo sanno tanto di difesa di quel poco di democrazia, inteso come potere al popolo, che ancora rimane in un mondo sempre più dominato dagli interessi di pochi. Non è un caso se da tempo la Lega  “Populista “ di Salvini così come Fdi della Meloni sono diventati il punto di riferimento di gran parte della classe operaia. Non è un caso se proprio i due partiti sopracitati sono quelli che più crescono nei sondaggi. Il popolo non è improvvisamente diventato di destra o desideroso dell’uomo forte, come adesso qualcuno si diverte a preconizzare,va solo dove riconosce che vengano difese le proprie istanze ed i propri  interessi.

Ecco allora che forse la sinistra dovrebbe farsi un bell'esame di coscienza e capire che accusare Salvini e la Meloni di essere populisti e sovranisti non è una offesa per loro ma solo una constatazione di aver perso la rotta e il proprio ruolo di forza moderata e innovatrice. Forse oggi uno statista come Berlinguer, a prescindere dal momento storico differente e dalle ideologie chiaramente contrapposte, vedendo e sentendo parlare Salvini e la Meloni troverebbe più punti di contatto con loro, che non con il PD di Zingaretti o ancora meno con quello che fu di Renzi. La sinistra ha perso il contatto con la gente, con il popolo e con i suoi problemi e i movimenti come quello delle sardine rappresentano un maldestro succedaneo alle troppe carenza dei partiti, che non caso trova come unica sua linea programmatica la lotta al populismo, come se la nascita dello stesso movimento non ne fosse una chiara ed inequivocabile massima espressione. Il popolo vuole riappropriarsi del suo diritto - dovere di decidere, perché troppi anni di indifferenza e di opulenza lo avevano reso disinteressato alle grandi questioni politico sociali.

Il benessere ha permesso la delega totale ad una classe dirigente inadeguata ma che ha potuto operare male grazie al disinteresse generale. L' avvento della grande crisi economica mondiale  ha forse avuto il merito di risvegliare le coscienze e riportare in vita  antichi ardori ( ma qualcuno riferendosi a Salvini e la Meloni li definisce magari istinti bestiali o peggio ancora) aprendo loro gli occhi. Il caso del voto in Gran Bretagna è emblematico di tutto ciò. L'exploit di Boris Johnson dimostra ancora una volta che il popolo vuole riappropriarsi del suo destino perché non crede pedissequamente a ciò che gli viene somministrato quotidianamente da media, opinion leader e maitre a penser, che sempre più spesso si riconoscono con la nuova sinistra, sempre più chic e sempre meno radical.

vcaccioppoli@gmail.com