Politica

Il Senato? Non serve

Di Gianni Pardo

Quando in un Paese ci sono due Camere di eletti, una chiamata Camera dei Deputati e l’altra chiamata Senato, ambedue aventi poteri legislativi, si parla di bicameralismo perfetto. Quando invece una di esse (il Senato) ha poteri ridotti e diversi, si parla di bicameralismo imperfetto. L’Italia ha avuto dal 1948 un bicameralismo perfetto e per arrivare a pubblicare una nuova legge ci sono sempre stati tanti di quegli intoppi che un po’ tutti hanno preso a sognare di eliminare il Senato. Poiché però ai senatori piace essere senatori, agli impiegati di quella augusta istituzione piace mantenere il posto, e ci sono altri nobili motivi, il Senato non lo si abolisce: se ne mantiene il nome e se ne svuota il contenuto, in modo che non interferisca più nella votazione di nuove leggi. Basterà un solo passaggio in Parlamento - senza il possibile ping pong fra le due Camere fino a giungere all’identico testo votato da ambedue - e la nuova legge andrà subito in vigore.
 Il Piccolo Principe rese felice la sua amica Volpe rivelandole che sul suo pianeta non c’erano cacciatori ma la buona notizia si sgonfiò immediatamente quando fu necessario dirle che non c’erano neppure galline. Per valutare qualcosa bisogna osservarne tutte le facce. Per quanto riguarda il bicameralismo perfetto è vero che la velocità, nella legislazione, è una grande qualità, ma lo è in ogni caso? Se si tratta di fare una buona legge, viva la velocità. Se si tratta di farne una cattiva, magari sotto la pressione di un’emozione nazionale, Dio benedica il Senato e tutti gli altri possibili impedimenti.

È per questo genere di ragioni che si può essere a favore del bicameralismo perfetto. L’Italia è notoriamente un Paese dalle pessime leggi (compensate per fortuna dalla non-applicazione, diceva qualcuno), e soprattutto da una loro eccessiva quantità. Il loro numero è molto, molto più alto di quelle in vigore in Paesi che certo non possiamo considerare inferiori a noi. Ciò posto, è sicuro che una nuova legge, su qualunque argomento, non si sovrapponga ad un’altra già esistente, magari peggiorandola? Gli italiani delle nuove leggi sembrano avere la mania. Sono convinti che esse risolveranno mali antichi, anche se sembrano inestirpabili. Un ottimo esempio è la famosa – e tanto invocata – istituzione del reato di “omicidio stradale”, come se esso non fosse già molto severamente contemplato dal codice penale: art.589, 2° e 3° comma. Lo stesso ha anche aggravato le sanzioni per le lesioni colpose stradali, art.590, 3° comma.

La richiesta di un inasprimento delle pene, ogni volta che la pubblica opinione e i giornali sono indignati per un reato, è pressoché fatale. L’erronea convinzione corrente è che questo inasprimento quel reato lo farà scomparire (“mai più questo!”, “mai più quell’altro!”), mentre tutti i competenti di diritto penale sanno che non è così. Ogni volta che c’è un problema, invece di chiedersi se la materia non sia già regolata da leggi che sono rimaste sulla carta, si pensa di vararne di nuove, più efficaci e più severe. Ma sempre sulla carta. Tutti i ragazzi sono costretti (o erano?) ad avere conoscenza delle gride di cui parla il Manzoni, ma a quanto pare di queste cose nessuno ha più notizia, o può darsi che la memoria non duri più fino all’età adulta.
 Come si vede, se si commette l’errore di riflettere un po’, non si può essere a cuor leggero a favore di una legislazione agile e veloce. Si potrebbe correre al disastro invece d’andarci a passo lento. Ma forse questa tesi è del tutto erronea. In realtà bisognerebbe che la Camera votasse una legge che abolisce la possibilità che la Camera voti leggi sbagliate.

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