Politica

Ingroia prova a rientrare in politica: questa volta il nemico è la Nato

Di Giuseppe Vatinno

Secondo l'ex magistrato le libertà individuali sono state ridotte prima durante il Covid, poi dopo l'invasione dell'Ucraina. La colpa? Del Patto Atlantico

Ingroia vuole tornare in politica: questa volta il nemico è la Nato

Antonio Ingroia non molla e dopo più di un decennio di inutili tentativi ci riprova a entrare in politica. Già sostituto procuratore di Palermo, noto per essersi occupato della cosiddetta trattativa Stato – Mafia, nel 2013 fonda “e affonda” Azione civile. Si unisce infatti a Italia dei Valori di Antonio Di Pietro in un abbraccio mortale che vede la coalizione prendere un misero 2% senza eletti. Nel 2017 fonda Lista del Popolo per la Costituzione, poi divenuta Azione civile – Lista del Popolo per la Costituzione ed infine Uniti per la Costituzione. Insomma un guazzabuglio di sigle quasi identiche che farebbe inorridire pure Bruno Tabacci che in questo campo è un maestro riconosciuto e nessuno sa giostrare l’aggettivo “civile” come lui.

In Uniti per la Costituzione ci sono anche Ancora Italia, Riconquistare l’Italia, il Partito Comunista di Rizzo e l’ex leghista Francesca Donato. L’Ingroia pensiero è alquanto sorprendente, infatti parte da un’analisi delle restrizioni delle libertà personali dovute alla pandemia, come un no vax qualsiasi, per poi giungere al fatto che tali restrizioni si sarebbero consolidate e anche aumentate a causa della guerra in Ucraina per arrivare poi ad un sorprendente attacco alla NATO da cui l’Italia deve uscire per non essere più una “colonia Usa”. Accidenti, sembra quasi di sentire parlare un rivoluzionario sandinista extraparlamentare.

Il pensiero di Ingroia lascia dei dubbi non sulla sua formulazione ideologica perché quella, come tutte, è degna comunque di ascolto, se ne può parlare, si può valutare e magari appoggiare oppure no. È una visione del mondo. Ma quello che lascia veramente perplessi è che Ingroia cerchi caparbiamente e testardamente di entrare in Parlamento rimbalzando sempre e comunque addosso ad un perfetto muro di gomma costituito da un elettorato che non lo riconosce affatto come “politico”. Sembrerebbe quasi che Ingroia sia in qualche modo geloso di Antonio Di Pietro che, comunque, con Italia dei Valori riuscì per un decennio ad entrare nel Palazzo e a fare “diventare politica” una linea giudiziaria, quella di Mani Pulite, che cambiò profondamente l’Italia e nel bene e nel male interpretò quello che allora era il sentimento popolare predominante.

Di Pietro, che ricordiamolo fu anche due volte ministro in due governi Prodi diversi, era spinto e sospinto da una profonda indignazione popolare per le ruberie dei politici. E quindi aveva quel carburante fondamentale per la democrazia che si chiama consenso cosa che Ingroia non ha. Ecco tutto questo Ingroia pare non averlo compreso. Non ci sono più i tempi, né tantomeno le condizioni storiche e politiche, per una tangentopoli bis, soprattutto dopo la profonda crisi in cui versano gli eredi di Italia dei Valori e cioè quei Cinque Stelle che del giustizialismo hanno fatto un indubbio cavallo di battaglia. Parimenti, anche Luigi De Magistris ha tentato di interpretare il “giustizialismo in politica” e all’inizio c’è riuscito soprattutto in Europa, guarda caso, sempre con Italia dei Valori anche appoggiato dalle “Liste Grillo” (il Movimento non c’era ancora), ma quando si è messo in proprio con gli “arancioni” non ha ottenuto molto, anche per la strana ed innaturale collocazione nella sinistra estrema.