Italicum, la Consulta si riunisce il 24 gennaio
Sarà il 24 gennaio l’udienza della Corte Costituzionale per discutere e decidere cosa salvare dell’Italicum. In queste ore convulse di incertezza politica e istituzionale, è il primo punto fermo che permette di delineare un calendario nella crisi di governo. Il No al referendum ha complicato lo scenario politico: Matteo Renzi, come promesso, ha annunciato le dimissioni e la fine del suo esecutivo.
Sergio Mattarella lo ha congelato fino all’approvazione parlamentare della legge di Bilancio. I passi successivi sarebbero due: andare subito al voto o riscrivere una legge elettorale per la Camera e il Senato. La Corte avrebbe dovuto esaminare l’Italicum il 4 ottobre ma il 19 settembre decise di far slittare tutto a data da stabilire proprio per evitare interferenze prima del referendum. Da settimane si diceva che l’udienza si sarebbe tenuta tra la seconda metà di gennaio e gli inizi di febbraio.
La Consulta è chiamata da tre tribunali - Messina, Torino e Perugia - a valutarne la legittimità e le pressioni per cambiare capitoli importanti della legge sta diventando sempre più forte. In gioco ci sono soprattutto premio di maggioranza e ballottaggio. Senza il doppio turno, l’Italicum – valido solo per la Camera – si trasformerebbe in una sorta di proporzionale con premio di maggioranza al 40%. La scelta del 24 gennaio apre alla seria possibilità di un esecutivo tecnico o istituzionale che permetterà al parlamento di mettere mano alla legge. Oppure si potrebbe configurare lo scenario di andare al voto con l’Italicum smontato dalla Consulta alla Camera e il Consultellum, il proporzionale puro sopravvissuto alla bocciatura del Porcellum, al Senato. A quel punto la prospettiva di un Parlamento senza una maggioranza di governo certa diventerebbe più concreta. E la conseguenza sarebbero nuovamente le larghe intese.
Non tardano le prime reazioni: La Lega Nord chiede ufficialmente alla Consulta «di anticipare entro l’anno la sentenza sull’Italicum. La data annunciata è folle perché dopo il voto sul referendum, che ha dato indirizzo di forte cambiamento, tenere il paese in stallo per tutto questo tempo non è ammissibile».