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Politica
La Cgil anti-Renzi sta con Grasso. E Berlusconi gode

Per il governo Gentiloni la mobilitazione nazionale della Cgil del 2 dicembre è come il fastidioso sibilare di una zanzara, anticipatore di una pruriginosa puntura. Per Renzi e il suo Pd è il sordo ronzio di un calabrone, pronto a colpire col suo velenoso pungiglione. Così il sindacato “rosso”, pachiderma dai piedi d’argilla ma pur sempre capace di occupare piazze e far rimbombare il tuono della protesta fin dentro il Palazzo, con le manifestazioni a Roma, Torino, Bari, Palermo, Cagliari, lancia la sfida al governo su pensioni e lavoro contestando una legge di bilancio “tira a campare”, elettoralistica e avulsa dai reali bisogni del Paese e soprattutto getta un pietrone nella campagna elettorale, una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, in primis, nelle acque tempestose della sinistra. Stavolta lo stantio rito della protesta oltrepassa il confine sindacale per diventare un significativo atto politico.

Dunque, la Cgil di una Camusso proiettata nell’agone politico, getta la maschera, scende apertamente in campo nella bagarre elettorale, sbatte in faccia a Gentiloni il cartellino giallo dell’ultimo ammonimento, traccia il segno rosso di bocciatura per Renzi, tira la volata alla costituenda nuova “ditta” di Bersani-D’Alema&C lanciando la leadership di Grasso. Ecco, se Matteo Renzi puntava a liberarsi di tutto il bagaglio storico della sinistra italiana c’è riuscito: ora il suo Pd non ha più “zavorre” – neppure quel collateralismo del sindacato pro Pci dei tempi di Di Vittorio e di Lama - e brilla nel proprio assordante isolamento al centro del ring, come un pugile suonato, incapace di schivare il prossimo colpo in arrivo, quello del ko. Abbandonato dalla Cgil con 5 milioni di italiani cittadini votanti, a Matteo non resta che aggrapparsi alla propria boria autoreferenziale, agli osanna del clan del “Giglio magico”, beati e felici sulla tolda del Titanic, con il supporto di mini-alleanze-capestro quali quella con i reduci cerca poltrone di Alfano&C.

Evidentemente il segretario del Partito democratico non si è più ripreso dalla botta referendaria del 4 dicembre 2016 incapace di comprendere l’aria che tira e di far cambiare rotta a un partito che, a meno di miracolose inversioni di marcia dell’ultimo momento, punta diritto contro gli scogli delle prossime elezioni politiche. Il quadro è assai torbido. L’Italia s’attacca col cerotto, in coda, al treno della ripresa economica internazionale: l’Istat dà una sforbiciatina alla crescita, il Pil del terzo trimestre è salito dello 0,4%, quindi un calo di 0,1 punti sulla stima precedente con l’aumento per l’intero 2017 di un modesto 1,4%, cifra che non ci porta certo fuori dai disastri.

I numeri sono indicatori di un Paese che resta nella spirale del pessimismo e della instabilità “umorale”, come dimostra anche il calo a novembre della fiducia di consumatori e imprese. Invece di discutere con gli italiani dei grandi problemi e delle possibili soluzioni con riforme strutturali Renzi s’avvita nel solito refrain dei bonus, fra promesse e minacce, addirittura torna ad invischiarsi nella melma dell’affaire delle banche (Etruria) riaccendendo i fuochi contro la Banca d’Italia come non gli fosse bastata la doppia “legnata” già presa dal presidente della Repubblica Mattarella e dal premier Gentiloni che hanno confermato il governatore Ignazio Visco smentendo apertamente Renzi e suscitandone le ire dopo essere rimasto con le pive nel sacco. Scrive il sempreverde ex Pci Manuele Macaluso: “Il fatto che questa campagna delegittimi una istituzione indipendente, rispettata in Europa, è un segnale grave: gli interessi personali e di gruppo prevalgono su quelli del Paese”.

Vengono così trascurati i bisogni veri del Paese alimentando rassegnazione e sfiducia, anticipando lo tsunami dell’astensionismo elettorale. Nei sondaggi e nel senso comune della gente il Pd è in caduta libera e rischia di precipitare sotto la linea del Piave del 25%. Una debacle annunciata che già crea scompiglio nelle file del potere renziano e terrorizza il “Giglio magico”, per la prima volta impegnato in una vera campagna elettorale, quella delle politiche. Una manna per Bersani-D’Alema&C la cui annunciata lista Grasso veleggia verso le sponde della doppia cifra, puntando al 10%. Nella guerra “civile” della sinistra dei veleni dove il vero obiettivo è la disgrazia reciproca degli ex fratelli-compagni-coltelli un tempo tutti sotto lo stesso tetto, gode il centrodestra, proiettato verso la maggioranza assoluta. E gode soprattutto Berlusconi che attende… fiducioso di essere chiamato a gran voce dagli italiani quale “salvatore-bis della patria”, capace di prendere due piccioni (sinistra e grillini) con una fava. 

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